“Scrivo a te, o caro Teofilo”: il dono d’amicizia di Luca
Ieri abbiamo scritto un articolo d’approfondimento su sant’Ignazio, terzo vescovo della comunità d’Antiochia. Oggi, restiamo sempre nella città siriana per parlare di un’altra figura decisiva nel cristianesimo delle origini: san Luca Evangelista. Restiamo ad Antiochia perché l’autore del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli con ogni probabilità doveva essere un pagano convertitosi alla fede cristiana proprio in quest’importante città dell’Impero romano mentre Paolo, insieme a Barnaba, diffondeva il messaggio di Gesù tra i gentili. Su Luca sono stati scritti tanti libri e condotte tante ricerche tali da esaurire l’argomento, almeno sul piano teologico.
Recentemente lo storico Giancarlo Rinaldi ha dato alle stampe una monumentale opera (Roma e i cristiani. Materiali e metodi per una rilettura, Viviarum novarum, 2023) nella quale, in sostanza, ripercorre i primi quattro secoli dell’era cristiana analizzando dettagliatamente il rapporto tra le nascenti comunità di fedeli ed il potere romano, non più rappresentato solo dagli imperatori ma anche dai singoli governatori provinciali ai quali era demandato il compito amministrativo nel territorio di competenza. Si tratta di una rilettura ottima perché permette ai ricercatori e, di conseguenza, agli appassionati di storia del cristianesimo di avere un sguardo più profondo e tendente alla verità su questioni spinose come le persecuzioni anti-cristiane. Nella seconda parte dell’opera, Rinaldi parte proprio dalle opere lucane arrivando a sostenere una posizione ormai consolidata nell’ambiente scientifico: ogni Vangelo rispondeva ad un determinato target di comunità e Luca, con la sua perizia anche da “storico”, indubbiamente elabora un resoconto della vita di Gesù per un pubblico pagano appena convertitosi al cristianesimo. Nel dettaglio, lo studioso partenopeo, rileggendo gli Atti, conferma anche l’atteggiamento benevolo che Luca riserva ai singoli rappresentanti del potere romano, dimostrando quel lealismo che alla fine avrebbe prevalso rispetto a quelle spinte apocalittiche e di sfida aperta dimostrate da altri ambienti sorti in seno alla Chiesa antica.
Quindi, Luca, seguendo con ogni probabilità Paolo in alcuni suoi viaggi, come sarebbe confermato anche da ricerche condotte da altre discipline quali l’archeologia o la topografia, assume il punto di vista paolino e scrive rivolgendosi ai gentili desiderosi di conoscere la storia di Gesù per comprendere e dare solidità alla propria fede. Lo stesso incipit del terzo Vangelo racchiude quest’intenzione: [1]Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, [2] come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, [3] così ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, [4] perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Luca, insomma, ammette di aver fatto ricerche perché anche lui, prima del suo interlocutore, non ha vissuto direttamente i fatti. Si è confrontato con i testimoni oculari ed ha elaborato il proprio resoconto. I filologi del Nuovo Testamento ammettono che Luca si sia servito sia del Vangelo di Marco che di quello di Matteo come fondamenta del proprio testo. Ma l’aspetto che oggi vorrei mettere in luce è proprio il destinatario dell’opera, l’illustre Teofilo. Tuttavia, non voglio farlo a parole mie perché risulterebbero sempre riduttive. Così, cedo la parola ad un uomo che sicuramente ha colto il senso profondo di queste pagine meglio di me. Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, nel Commentario a Lc 1, 11, scrive:
“Questo vangelo è stato scritto per Teofilo, cioè per “colui che Dio ama”. Se tu ami Dio, è per te che è stato scritto, e se è stato scritto per te, accogli il dono dell’evangelista. Conserva con cura nel più profondo del cuore questo pegno d’amicizia, “custodisci il buon deposito per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (2 Tim 1,14), guardalo spesso, e più spesso a fondo esaminalo ancora. La fedeltà è il primo dovere nei confronti di un pegno d’amicizia, e alla fedeltà segue la cura affinché la tigna o la ruggine non consumino i pegni che ti sono stati affidati: poiché ciò che ti è stato affidato può essere rovinato. Il vangelo è un prezioso deposito”.
Spesso dimentichiamo che i Vangeli vennero scritti per dare la possibilità a tutti di essere toccati dalla Parola di Dio. Sant’Agostino sosteneva che il Vangelo era la lettera d’amore che Dio ogni giorno riservava a ciascuno di noi. Allora oggi, festeggiando san Luca, possiamo essere grati per questo “pegno d’amicizia”, casomai provando a prendere la sana abitudine di leggere e meditare, anche se per pochi minuti, sulla parola del giorno scelta dalla liturgia. T’invito a farlo con una nuova predisposizione del cuore: non più come Emanuele, Francesca, Antonio, Matteo o qualunque sia il nome di chi lo legge, bensì come “Teofilo” ovvero come “colui che Dio ama”.
Emanuele Giuseppe Di Nardo
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