Le opere di misericordia

Nelle scorse settimane, nel nostro ciclo d’articoli sulla storicità della Quaresima, ci siamo soffermati molto sul digiuno e sulla preghiera, due pilastri forti di questo tempo liturgico. Tuttavia, ne possiamo analizzare un terzo altrettanto importante ma forse meno conosciuto: l’elemosina. Andando sulla Treccani, troviamo questa bella definizione etimologica:

Elemosina (dal greco ἐλεημοσύνη, der. di ἐλεέω «avere pietà»). Dovrebbe significare qualcosa di bello; un atto generoso, pietoso verso chi si trova in una situazione di svantaggio: un dono di carità, variamente mutuato dalla carità cristiana. Tuttavia, quando pensiamo all’elemosina, la prima immagine che ci viene in mente non è tanto uno stato d’animo quanto un gesto pratico: dare qualche spicciolo, ad esempio, a coloro che chiedono un’offerta fuori dalla chiesa o da qualche centro commerciale. L’elemosina, ovvero la compassione (avere la stessa passione di chi ci sta accanto), scade nella donazione materiale. È sempre bello e profondo soccorrere il prossimo con un aiuto anche economico ma così si corre il rischio di perdere di vista la profondità della bellezza di questo pilastro quaresimale. 

Allora, per riscoprire il valore dell’elemosina e, di conseguenza, delle opere di misericordia, oggi voglio condividere con te alcune riflessioni fatta da San Cipriano, vescovo di Cartagine (249-258), il quale redasse proprio un opuscolo dal titolo De opere et eleemosynis. Gli storici non sono concordi sulla datazione in quanto, per alcuni, Cipriano avrebbe scritto questo libro all’inizio del suo episcopato, quando la situazione a Cartagine era relativamente tranquilla, salvo un certo rilassamento morale e spirituale di alcuni cristiani. Altri, invece, lo datano nel 252, in un momento cruciale per la comunità cristiana in Africa: è l’anno dello scoppio di una violenta epidemia, a seguito della persecuzione di Decio (250-251) e in concomitanza con quella promossa dall’imperatore Gallo. Insomma, un bel casino! Cipriano avrebbe deciso di consegnare a queste pagine un grande compito: sollecitare i suoi fedeli alla carità, all’attenzione al prossimo, andando oltre la semplice donazione economica ma cercando di riscoprire la bellezza rigenerante del vivere l’elemosina piuttosto che del farla.

Nella Scrittura lo Spirito santo dice: «Le colpe si lavano con le elemosine e la fede» (Proverbi 16,7). Non parla dunque di quei peccati che erano stati commessi prima: infatti, quelli sono cancellati dal sangue di Cristo e dalla sua azione santificatrice. In un altro passo la Scrittura dice: «Come l’acqua estinguerà il fuoco, così l’elemosina estinguerà il peccato» (Ecel. 3, 30). Anche questo brano dimostra e prova che come il fuoco della geenna è estinto dall’aspersione dell’acqua della salvezza, così la fiamma dei delitti è sedata dall’elemosine e dalle opere di giustizia. Poiché i peccati sono rimessi una volta sola con il battesimo, le opere buone, compiute con assiduità e con costanza, riproducono in un certo modo gli effetti del battesimo e concedono nuovamente l’indulgenza di Dio (De opere, cap. II).

Non so tu ma personalmente, in questo periodo, sto vivendo la grazia di riconoscere tutte le mie mancanze: spirituali (nella preghiera), affettive (nei legami), materiali. Mi rendo conto che, mettendo a tacere le voci del mondo, possa fare luce su tutto me stesso, evidenziando tanto i doni ricevuti quanto le mancanze e i peccati. Ma se restassi troppo a lungo ad osservarmi dentro, senza la carità di Dio Padre, vedrei me stesso come un peccatore senza speranza. E questo sguardo grigio non solo mi renderebbe cieco nel vedere al di là dei miei limiti ma mi renderebbe impossibile avere uno sguardo caritatevole verso gli altri. Cipriano dice ai suoi fedeli che le opere di misericordia, se fatte con assiduità, ci rigenerano come il Battesimo. Andando avanti nella lettura del libro, il vescovo arriva ad un punto cruciale: la paura di perdere tutte le proprie ricchezze:

“Tu però sei preoccupato e hai paura di incominciare a prodigarti nel fare il bene per non ridurti forse nella indigenza distribuendo il tuo patrimonio in generose elemosine. Non aver paura di questo, sta’ tranquillo. Non si esaurisce quello che si mette a disposizione di Cristo e quello di cui ci serviamo per compiere un’impresa divina. Non te lo assicuro sulla mia testimonianza, ma te lo prometto sulla fede nella Sacra Scrittura e sull’autorità della promessa di Dio”. (cap. 10)

Se contestualizziamo quest’esortazione nella nostra vita, potremmo dire: “Si, va bene tutto però io a malapena arrivo a fine mese, ho una famiglia da sfamare, bollette da pagare e non posso permettermi grandi elemosine”. Ognuno di noi può dare quanto può. Ma, se rileggessimo il tutto da un’altra prospettiva? Se, al posto di un bene materiale, Dio oggi ti stesse chiedendo di dare in elemosina il tuo tempo? Specialmente verso quelle persone che, vivendo accanto a te, hanno bisogno di un sostegno morale più che economico? Una volta un amico mi raccontava che, andando in missione nelle strade, spesso faceva visita ai senzatetto portando con se sempre qualcosa da mangiare. Ne vide uno che conosceva e si recò da lui subito con un panino. Questo senzatetto, dopo averlo ringraziato per il pensiero, gli disse: “La cosa che cerco più di tutto non è un panino ma qualcuno che parli con me, che mi veda e mi ascolti. Altrimenti sembro quasi come un animale al quale si dà solo da mangiare”. Questa cosa mi sconvolse tantissimo! 

Quante volte, ho pensato, avevo persone che necessitavano di una parola di Gesù ed io non mi sono fatto avanti, anzi sono andato via dicendo che fossi pieno d’impegni. Quante volte non ho dedicato tempo ad un amico in difficoltà, ad un collega a lavoro, ai miei genitori. Quante volte non ho avuto compassione del dolore altrui ma ero preso solo da quello mio! Allora oggi posso (e possiamo) vivere l’elemosina con uno sguardo nuovo. T’invito, in questi giorni, a non temere di mettere in gioco tutta la tua giornata per il prossimo: dona tutto il tuo tempo a chi ti cerca o a chi incontrerai per due ore o anche solo per un minuto. Ascolta, consola, condividi la gioia, consiglia. Fai ciò che senti nel cuore ma non andare oltre. Resta lì dove sei chiamato e cercato: Gesù sarà con te!

Emanuele Di Nardo

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