Cenacolo: San Giacomo, l’amico umile

Dopo aver iniziato il nostro viaggio lasciandoci illuminare dalla figura di san Giovanni, oggi proseguiamo il “Cenacolo” guardando a suo fratello, l’altro “figlio del tuono”: Giacomo il Maggiore.

Giovanni fu, insieme ad Andrea, il primo discepolo a seguire Gesù su consiglio dello stesso Battista. I Vangeli sinottici, inoltre, riportano la notizia del primo incontro di Cristo con Giacomo proprio sulla riva, mentre era intento ad aggiustare le reti. Possiamo supporre che Giovanni, dopo aver incontrato il Figlio di Dio, sia tornato a casa raccontandolo alla sua famiglia. Poco tempo dopo, mentre i due figli di Zebedeo lavoravano sulla barca, passando Gesù, Giovanni avrà detto al fratello che quell’uomo era il Messia tanto atteso, mettendoci una buona parola. Molto probabilmente Giacomo era un uomo di fede che andava alla sinagoga e pregava Dio ma non si sarebbe mai aspettato di conoscere Gesù con le reti in mano. Giacomo, però, diventa subito uno dei discepoli più attivi, al punto che vuole primeggiare sugli altri, con il suo carattere focoso: ad esempio, come ci riporta il Vangelo di Luca (Lc 9, 51-56), Gesù e i discepoli si stavano dirigendo verso Gerusalemme in previsione della Pasqua; durante il viaggio, decisero di fermarsi presso un villaggio di Samaritani ma essi non vollero accoglierli. Allora:

Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Ma Gesù si voltò e li rimproverò.

Incredibile! Giacomo e Giovanni addirittura vorrebbero radere al suolo quel villaggio perché non avevano accolto Cristo! Erano giovani e pieni di zelo apostolico, per questo Gesù li amò lo stesso ma dovette rimproverarli. Un po’ come capita nella nostra vita: quando siamo giovani, ci crediamo invincibili e consideriamo nemico chiunque non la pensi come noi. Saremmo pronti a dare battaglia senza motivo. A Cristo piaceva quella fede impavida e pura ma sapeva anche che l’estremismo non lasciava spazio all’amore! Dal Vangelo di Matteo (Mt 20, 20-23), invece, apprendiamo un altro episodio interessante riguardante la mamma:

Allora la madre dei figli di Zebedeo si avvicinò a Gesù con i suoi figli, prostrandosi per fargli una richiesta. 21 Ed egli le domandò: «Che vuoi?» Ella gli disse: «Di’ che questi miei due figli siedano l’uno alla tua destra e l’altro alla tua sinistra, nel tuo regno». 22 Gesù rispose: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete voi bere il calice che io sto per bere?» Essi gli dissero: «Sì, lo possiamo». 23 Egli disse loro: «Voi certo berrete il mio calice; ma quanto al sedersi alla mia destra e alla mia sinistra, non sta a me concederlo, ma sarà dato a quelli per cui è stato preparato dal Padre mio».

Un po’ come quando eravamo piccoli e chiedevamo a nostra madre di venire a parlare a scuola con la maestra, così sembra quasi che Giacomo e Giovanni abbiano chiesto a Salome di intercedere per loro, in vista di un posto d’onore accanto a Gesù. Quest’ultimo risponde loro che non sanno quello che chiedono perché Dio non è venuto per essere servito ma per servire. Quindi, la vera gioia non sta nell’ottenere il certificato del primo della classe ma nell’aiutare gli altri a superare le proprie difficoltà proprio come può essere un’interrogazione o un compito in classe. Ma, Giacomo non comprende subito quelle parole: era difficile capire la logica dell’amore di Cristo. 

Allora Gesù lo prende a cuore e lo istruisce su tutto attraverso l’esempio: Giacomo, infatti, insieme solo a Giovanni e Pietro, è l’unico che vede Gesù nella sua massima gloria (la trasfigurazione sul Tabor) e nel suo massimo dolore (Getsemani), come se Gesù volesse mostrargli che l’amore si prova non solo nella gioia ma anche nel dolore e che, senza sacrificio e dono di sé, non può esserci vita.

Queste due immagini, quella luminosa del Monte Tabor e quella oscura del Calvario, ci insegnano molto: quando amiamo una persona, un’amica o un fidanzato, certamente vorremmo vivere solo i momenti belli, sentirci apprezzati e messi al centro dall’altra persona. Quante volte cerchiamo di capire quanto importanti siamo realmente per gli altri. Questi sono i momenti luminosi, quelli che Giacomo voleva vivere più di tutti nell’amicizia con Gesù. Ma, Gesù lo chiama anche nel dolore più profondo, lo rende umile perché la sofferenza avvicina il nostro cuore a quello degli altri. Non vuol dire che dobbiamo soffrire per amare ma occorre abbassarci, evitare sempre di mettere noi davanti per lasciare che l’altro sia libero di venire da noi. Lo stesso accade nella fede: se mettiamo sempre i nostri pensieri e progetti davanti a tutto, come possiamo lasciar spazio a Dio.

Giacomo, in conclusione, attraverso l’umiltà, sarà uno dei primi apostoli ad essere martirizzato a Gerusalemme nel 44 d.C. per testimoniare la fede in Gesù. Giacomo è l’esempio di chi risponde con totale generosità a Gesù, essendo disposto anche a lasciarsi dietro la barca ovvero tutte quelle cose che occupano la nostra vita ma non la riempiono, quelle relazioni lasciate a metà, quei desideri che non ci convincono fino in fondo. Giacomo è anche l’esempio dell’umiltà, di chi riconosce di essere stato forse anche arrogante nella fede ma che si abbassa per amore con sicurezza. E proprio la sua sicurezza portò molti a desiderare di avere una vita come la sua, una vita di fede.

Emanuele Di Nardo

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