Ama senza misura

“In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.
Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo” Lc 6,17.20-26

Questo che hai appena letto è un estratto del Vangelo di ieri, sulle beatitudini. Quante volte nella tua vita hai detto “beato lui” riferendoti ad una persona fortunata, di successo, piena d’amicizie, fidanzata e con tanti talenti. Quante volte forse ti sei sentito dire la stessa cosa da qualcuno. Eppure le parole di Gesù non ci danno l’impressione di essere rivolte a uomini e donne famosi e di successo, anzi. I beati sono i poveri, e non i ricchi, sono gli affamati, e non i sazi, sono gli afflitti, e non i felici. Gesù allora è da considerare pazzo, folle, depresso o invidioso? Nulla di tutto ciò.

Per capire questo discorso, occorre essere passati attraverso una di queste “beatitudini”, altrimenti risultano parole vuote e incomprensibili. Partiamo dalla povertà. Certamente quando ci capita di vedere in televisione annunci d’associazioni no profit che invitano a donare soldi per garantire una condizione di vita più accettabile a tanti uomini, donne e bambini in gravi situazioni di disagio e povertà, ci rendiamo conto di come quella sia la vera povertà rispetto a quanto ci circonda. Invece non occorre andare in Africa o in Asia per toccare con mano una povertà tanto materiale quanto spirituale. Il povero non ha nulla, il povero non riesce a procurarsi il cibo da solo, il povero non ha la forza di superare l’ostacolo, il povero ha le mani vuote. Ma sono proprio quelle mani vuote che lo rendono beato agli occhi di Cristo: quando afferriamo qualcosa, qualunque cosa, abbiamo le mani occupate e scatta in noi il desiderio di difenderlo a tutti i costi. Quando invece non abbiamo nulla, possiamo aprire le mani per accogliere un dono tanto desiderato. Da bambini quante volte abbiamo chiesto ai nostri genitori di comprarci un regalo, allargando subito dopo le mani per accoglierlo una volta donatoci con tanto amore. Quante volte adesso da adulti, invece, che forse possiamo permetterci di comprare qualcosa che ci piace con i nostri soldi, sperimentiamo quella stessa gioia infantile? Io, ad esempio, sono un amante dei libri: fosse per me, ne comprerei dieci al giorno. Eppure, ancora oggi, i libri che mi vengono regalati acquistano un sapore diverso rispetto a quelli che compro. 

Per tornare al Vangelo, essere poveri è una beatitudine perché ci fa uscire da noi stessi, ci mette nelle condizioni di aprirci alla grazia di Dio, di chiedere a Dio Padre come figli, di desiderare ardentemente quello che non possiamo ottenere da soli. È fondamentale rimanere poveri, anche nella ricchezza, perché tutto passa tranne l’amore di Dio per ciascuno di noi! Io ho visto, ho toccato con mano situazioni di povertà. Ho conosciuto la scorsa settimana un uomo che mi ha lasciato un grande insegnamento: si chiama Nikola, un uomo di grande dignità il quale faceva l’elemosina davanti alla chiesa della mia parrocchia perché, giunto in Italia con la moglie e le sue due figlie con la promessa di un lavoro, si è ritrovato costretto a dormire in una macchina con la quale aveva viaggiato dalla Romania. Cercava i soldi necessari per le spese del ritorno. Ho parlato molto con lui, mi ha fatto vedere le foto delle sue due splendide bambine. Insieme ad altri parrocchiani abbiamo cercato d’aiutarlo come potevamo ma Nikola non ha mai smesso di sorridere con gli occhi, perché nella povertà si era affidato completamente a Dio e aveva trovato quanto gli serviva per riportare la sua famiglia a casa. Un marito e un padre che fa l’elemosina ma che è felice. 

Dio mi ha istruito tantissimo attraverso il suo esempio. Mi ha ricordato l’importanza del sentirmi povero anche nel benessere, di essere pronto a non tenere niente per me, nemmeno la mia stessa vita, ma a donarla incessantemente nelle situazioni di tutti i giorni, confidando nella sua Provvidenza e nel suo amore paterno. Ma la povertà evangelica è diversa dal pauperismo considerato eretico dalla Chiesa: essere poveri non vuol dire buttare tutto e aspettare che Dio t’aiuti. Essere povero si traduce in dono: donare quanto ho a chi incontro sul mio cammino. Ad esempio tanti sono stati i ricchi che, dopo il battesimo, hanno messo a disposizione tutto per Cristo. Penso ad Aquila e Prisca, due ricchi fabbricatori di tende che hanno accolto la prima comunità cristiana di Roma a casa, oppure al senatore Pudente che ha ospitato a lungo san Pietro prima del martirio. Aquila, Prisca e Pudente continuarono a restare ricchi ma avevano finalmente sperimentato quella povertà spirituale che li rendeva grati a Dio per quanto possedessero e gioiosi nell’aprirsi alla Provvidenza. 

Oggi si festeggia san Valentino, la festa degli innamorati da guardare in un’ottica più larga: un uomo che dona il suo cuore ad una donna ma anche una nonna che dona il suo amore ai nipoti così come un giovane che dona il suo tempo ad un anziano. Oggi possiamo tutti sentirci beati se doniamo ciò che ci è più prezioso per avere quello spirito libero per accogliere e ricevere altri doni a nostra volta. T’invito, nei prossimi giorni, come prima cosa ad offrire le tue mani: appena ti svegli, fai un segno di croce su di esse e chiedi a Dio di tenerle sempre aperte e pronte a donare e allo stesso tempo a ricevere. Può sembrare facile ricevere un aiuto da qualcuno, in realtà è molto complicato: solo se smetti di dipendere dalle tue forze e confidi in un altro, guadagni quella docilità nel sentirti povero e quindi bisognoso dell’aiuto prestato. 

Il segreto per essere poveri è l’amore. Ama, ama senza paura, senza ragionamenti, senza interessi. Ama chi Dio ti ha affidato, ama chi è nel dolore, ama chi è lontano dalla luce, ama te stesso, ama le tue miserie, ama la tua povertà, ama i tuoi fallimenti, ama le tue imperfezioni, ama senza misura. Gesù ha bisogno delle tue mani libere per toccare il cuore addolorato e sofferente di chi ti vive accanto. 

Emanuele Di Nardo

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