Giornalista per un giorno
L’articolo di oggi è un po’ particolare, potrei dire quasi speciale per me. Infatti, voglio condividerti una cosa incredibile che mi è accaduta la scorsa settimana: dopo un viaggio lungo più di cinque anni, costellato di sfide e difficoltà, finalmente ho ricevuto il tesserino che certifica la mia iscrizione all’Albo dei giornalisti. In poche parole, un sogno che s’avvera. Chi mi conosce, sa quanto desiderassi diventare giornalista e, dopo quest’evento, è come aver realizzato uno dei progetti più importanti della mia vita. Tornando a noi, perché quest’articolo è speciale? Perché oggi la Chiesa celebra san Francesco di Sales, santo protettore dei giornalisti cattolici. Non ti nego l’ammirazione grande che provo nei confronti di questo santo, di cui abbiamo avuto modo già di parlare qualche settimana fa in un altro articolo su Sale della storia (“Un messaggio sotto la porta”[1]) che t’invito a recuperare.
Se si pensa al giornalismo, subito viene in mente una persona che sappia parlare e che di conseguenza si mantenga economicamente attraverso le sue parole. Quindi più parole usa e più dimostra di essere bravo. Eppure san Francesco ci lascia una verità illuminante: “Un grammo di buon esempio vale più di un quintale di parole”. Lo sapeva bene lui che ha basato la sua attività pastorale su dei piccoli messaggi scritti su fogliettini e messi sotto l’uscio delle case dei suoi parrocchiani. Comunicare è uno dei bisogni primari dell’essere umano ma non è sinonimo di parlare. La vera comunicazione avviene quando tra due persone si stringe un legame e il destinatario riceve un messaggio dal mittente. Questo può avvenire anche senza parole: un gesto, uno sguardo, un pensiero ma anche un silenzio, una frase non detta per il bene dell’altro. Oggi invece che tutti noi parliamo di tutto e commentiamo su tutti, non siamo più abituati a comunicare.
Quello che ho appreso studiando in questi anni e lavorando con giornalisti professionisti è che un articolo è buono quando comunica qualcosa di vero con il numero giusto di parole, né troppe né troppo poche. Perché il lettore alla fine vuole avere una notizia, sapere la verità dei fatti, fidandosi di chi gliela comunica, non sapere cosa ne penso io. Sarà l’articolo a parlare al posto mio. Questo mi riporta alla mente le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno». (Gv 8, 13-15).
Ricordo ancora, durante una lezione del Master sul giornalismo, la testimonianza di un professore che ci condivideva la sua esperienza: quando scriveva sul giornale, anche articoli abbastanza piccoli, spesso riceveva il ringraziamento di alcuni suoi conoscenti per aver fatto bene il proprio lavoro facendo arrivare chiaramente la notizia. Oggi invece siamo bombardati da fake news che, distorcendo la realtà, ci fanno male perché innescano in noi un meccanismo di diffidenza verso tutto ciò che ascoltiamo, senza saper riconoscere bene ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. San Francesco, nel pieno della Controriforma e in una terra nella quale c’era una dura contrapposizione tra le idee cattoliche e calviniste, non si è messo ad urlare sul pulpito accusando “gli avversari” e denigrandoli. Semplicemente, nel silenzio, ha dato l’esempio comunicando a quanti erano nel dubbio l’unica notizia che conta: che Gesù era morto e risorto per loro. Spesso ricorda nei suoi scritti come la misericordia fosse la chiave di tutto: “Se sbaglio, voglio sbagliare per troppa bontà che per troppo rigore”.
Al giornalista è richiesto d’attenersi alla deontologia ovvero a quelle norme imprescindibili che rispettino i diritti altrui e che lo distinguano da un semplice lettore che vuole pubblicare un post polemico sui social. Ma anche tutti noi cristiani siamo chiamati al rispetto della “deontologia di Cristo”: amare il prossimo, soprattutto quello che ci sta accanto h24 e che a volte vorremmo evitare perché la pensa in modo diametralmente opposto a me. T’invito oggi allora a fare un’esperienza nuova: essere giornalista per un giorno. La prima cosa che fa un giornalista, quando riceve una notizia, è controllare le fonti per vedere se sia vero o meno. Sicuramente ti capiterà di ricevere qualche giudizio o malalingua su qualcuno che conosci. Prima di rispondere, chiediti se sia vero o se sia una “fake news” per fare del male a quella persona. Come secondo passaggio, dai testimonianza della verità, senza paura di ricevere critiche per il tuo essere “troppo buono”. Gesù stesso “non giudica nessuno” come abbiamo letto sopra.
Ma visto che oggi è un giorno speciale, avrei un consiglio anche per domani: prova, casomai solo per mezza giornata se vedi che sia dura, a non usare i social, a non lasciarti assorbire da tutto quello che si scrive, spesso di negativo e poco costruttivo. Investi il tuo tempo invece nel leggere qualcosa di edificante, qualcosa che sai che ti fa bene. La fortuna del giornalista è saper trovare le fonti giuste. La fortuna del cristiano è che ha in Gesù la fonte inestinguibile di vita!
Emanuele Di Nardo
[1] Un messaggio sotto la porta: https://parusia.net/2021/11/08/un-messaggio-sotto-la-porta/
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