La carta d’identità del cristiano: la gioia
Il sabato pomeriggio solitamente ho la possibilità di fare apostolato in un bellissimo paesino vicino Chieti che si chiama Vacri: un classico centro di campagna molto accogliente. Insieme ad un altro studente universitario, facciamo qualche visita alle famiglie, ove possibile per le restrizioni sanitarie, e condividiamo un po’ il nostro vissuto di fede ascoltando la testimonianza di chi ci accoglie. Pochi giorni fa siamo stati da una signora, Maria Antonietta, molto attiva nella parrocchia e sempre disponibile. Una cosa che mi colpisce di lei è quel sorriso gioioso e contagioso stampato sui suoi occhi. Abbiamo colto l’occasione per conoscere meglio la sua storia e, ospitati a casa sua, abbiamo toccato con mano le difficoltà quotidiane con le quali convive, complice anche la salute abbastanza cagionevole della madre che abita con lei. Eppure, nonostante le tante sfide che affronta, il suo cuore è sempre lieto e felice.
Questa cosa mi ha indotto a riflettere su quanto sia bello vivere avendo uno sguardo che va oltre l’orizzonte finito e che si aggrappa a qualcosa di più grande. Ecco allora che mi è tornato in mente un vecchio sermone che il cardinale John Henry Newman scrisse poco prima della sua conversione al cattolicesimo. Ci troviamo nel 5 febbraio 1843 e, come da prassi, Newman tiene i suoi sermoni sul pulpito della chiesa. In quest’occasione parla del “Cristiano apostolico” interrogandosi su come i primi cristiani abbiano vissuto la loro missione specifica nel mondo. Indubbiamente il futuro cardinale inglese ribadisce molto il concetto paolino (“La nostra patria è nei cieli”[1]), a dimostrazione di come i seguaci di Cristo avessero lo sguardo sempre rivolto al cielo, senza essere troppo incatenati negli affari terreni. Questo non vuol dire fuggire dal mondo né tantomeno disprezzare la nostra vita. Tuttavia è importante sempre capire dove stiamo andando. Per essere più chiaro, se volessi andare a Roma con la macchina, sarebbe inutile leggere delle bellezze paesaggistiche della Sicilia e nemmeno potrei viaggiare verso Roma con il cuore e la mente che sono disturbate dalle immagini siciliane. So che il mio compito è andare a Roma, il resto non conta.
Ma una cosa è davvero illuminante nel sermone di Newman in riferimento allo stile di vita dei primi cristiani: “Non solo la purezza del cuore, non solo la rettitudine dell’agire, ma anche la letizia del volto doveva regnarvi. Parlo della gioia in tutte le sue manifestazioni, perché, quando essa è sincera, porta con sé numerosi doni di grazia. La gioia, se scaturisce dalla fede, la gioia perfetta nata dalle tribolazioni e dalla persecuzione, rende pacifici e sereni gli uomini, li rende riconoscenti, gentili, affezionati, pieni di dolcezza, di bontà e di speranza; è cortese, delicata, toccante e avvincente. Ecco la gioia che caratterizzava i cristiani dei tempi neotestamentari, gli uomini che avevano ottenuto quanto desideravano. Coloro i quali avevano visto il Cristo, che lo avevano amato, che avevano creduto in Lui e in Lui si erano rallegrati, avevano anche scelto di sacrificare il mondo con tutti i suoi beni per amore del Maestro”[2]. Questa gioia ha riempito il cuore dei cristiani del tempo apostolico, anche e soprattutto nelle persecuzioni e nelle sofferenze subite per la fede in Gesù, come dimostrano tante pagine del Nuovo Testamento.
Ecco allora perché sono rimasto colpito da Maria Antonietta: quella gioia dilagante non è solo merito suo ma dimostra un qualcosa di più profondo, una conoscenza vera e radicata di Gesù che ha toccato il suo cuore più di mille parole. Questa dunque è la missione che noi, nel XXI secolo, siamo chiamati a compiere: testimoniare quella gioia che ha stravolto la nostra vita. Quando due ragazzi sono innamorati, non occorrono le parole per esprimere i propri sentimenti, basta vedere la felicità nei loro occhi. Oggi t’invito a guardare un po’ alla tua vita: condividi la tua gioia con qualcuno, casomai una persona a te vicina che sai che non se la sta passando tanto bene. Stalle vicina, condividi il suo stato d’animo, donale la tua presenza. Se invece sei triste e non riesci a superare un momento di difficoltà che ti toglie il sorriso, non ti preoccupare: chiedi a Gesù di vedere la situazione con occhi nuovi per trarne il buono che c’è. L’unico modo per ammorbidire la terra arida è irrigarla con l’acqua buona. L’unico modo per ammorbidire un cuore stanco e addolorato è ringraziare e chiedere acqua viva. Parla con Gesù, fidati di Lui.
Emanuele Di Nardo
[1] San Paolo, Lettera ai Filippesi 3,20
[2] John Henry Newman, “Cristiano apostolico”.
One response
Una riflessione profonda e davvero utile! Grazie per questa testimonianza di fede che mi pone dei sani interrogativi sulla mia fede e mi stimola a crescere e migliorare!