Le cose lungamente desiderate…

Sabato scorso ho avuto la possibilità di stare al telefono con un caro amico che non sentivo da tempo e che, vivendo in Lombardia, purtroppo non vedo tantissimo durante l’anno. Nel corso della chiamata, mi ha aggiornato su alcuni possibili scenari lavorativi che si stanno aprendo nell’immediato futuro. Aveva superato un colloquio di lavoro per un impiego che sognava da anni e che aveva anche ottenuto, salvo poi perderlo a causa dello scoppio della pandemia. Nonostante avesse poi tentato altre strade e fatto tanti altri lavori, nel momento più inatteso è giunta questa chiamata spettacolare.

Felicissimo per lui e consapevole di tutto ciò che aveva passato negli ultimi mesi, ho riflettuto molto su quanto siano vere le promesse di Dio. Ogni singola parola che esce dalla bocca di Gesù ha un significato specifico per ciascuno di noi. Però, spesso, può capitare che i nostri desideri, quelli che nascono nel profondo del cuore e che ci infiammano perché ci spingono a fare del bene mettendo i nostri talenti a disposizione, non si realizzino subito, anzi. Mentre ti scrivo, mi viene da sorridere perché io sono il primo ad abbattermi facilmente quando non vedo concretezza nelle cose che vorrei fare. Ma Gesù, rivolgendosi ai suoi amici, una volta ha detto: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede, riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto» (Lc 11, 9). Ma cosa vuol dire chiedere e, soprattutto, come facciamo a capire se ciò che chiediamo sia realmente buono per noi? In questo ci viene in soccorso un’omelia di sant’Agostino che, commentando questo passo del Vangelo, dice:

«Nel vangelo il Signore ci esorta a pregare: “Chiedete e vi sarà dato”… se voi che siete cattivi, sapete però dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro dei cieli darà cose buone all’uomo che prega? Noi, fratelli, abbiamo un Padre buono per diventare buoni pure noi […]. Tutti quei beni che noi, anche se siamo cattivi, sappiamo dare ai nostri figli sono dei beni ma son tutte cose che possono essere possedute tanto da uomini buoni che cattivi: per se stesse non servono a nulla quanto al rendere buono l’uomo. C’è un bene invece che ti fa buono, oltre al bene col quale tu puoi fare del bene. È il Bene che ti fa buono, è Dio: dunque, per essere buono, prega Dio. Pregalo con insistenza, chiedi lui: ogni altro bene, oggetto di possesso, serve solo a fare del bene […]. Se Dio ci fa talvolta aspettare prima di darci quello che chiediamo, non per questo rifiuta il suo dono, anzi lo avvalora: le cose lungamente desiderate si ricevono con più dolcezza. Cerca, dunque, chiedi, desidera, insisti. Chiedendo e cercando tu cresci nella capacità di accogliere il dono. Approfitta anche del fatto che Dio non ti esaudisce lì per lì, imparando a desiderare con cuore grande le grandi cose. Per questo bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai»[1].

“Le cose lungamente desiderate si ricevono con più dolcezza”. Se mi avessero spiegato con questa semplice frase tutte le volte in cui i miei genitori da piccolo mi hanno detto “no” ad alcune mie richieste, le avrei vissute con uno spirito diverso! Quanta verità si cela in ciò che disse Agostino: la preghiera ci prepara ad accogliere ciò che chiediamo e, se non si realizza subito, spesso vuol dire che non siamo ancora nella condizione migliore per farlo. Ma, per accogliere un dono, prima occorre fare spazio: se abbiamo le mani occupate a portare tante buste, come possiamo ricevere il pacco che stavamo aspettando con impazienza dal corriere Amazon? Ecco che allora l’unico modo per prepararci è vivere la “povertà”. Non quella materiale, bensì quella di spirito. Se Dio ci mette un sogno nel cuore, vuol dire che solo noi possiamo realizzarlo insieme a Lui. Non ci chiederà mai qualcosa che non è nelle nostre corde. Ma dobbiamo fidarci di Lui, anche se all’apparenza non abbiamo nulla per realizzarlo. Come conferma San Giovanni Crisostomo:

«Ditemi, che cosa di gravoso e di difficile ci è stato ordinato? Forse Dio ci ha comandato di perforare monti, di volare nell’aria, di attraversare il Tirreno? No, assolutamente. Al contrario, vuole da noi un comportamento di vita così semplice e facile, che non ha bisogno di strumenti, ma soltanto della nostra ragione e della nostra buona volontà. Quali strumenti avevano gli apostoli per operare cose tanto straordinarie? Non andavano forse attorno con una sola tunica e con i piedi scalzi e, malgrado ciò, non superarono tutte le difficoltà? Che c’è, infatti, di difficile nei comandi di Cristo? Ecco, egli comanda di non aver nessun nemico, di non odiare nessuno, di non parlar male di alcuno. Il comportamento contrario è assai più difficile. Ma voi obiettate, egli ci ha ordinato di rinunciare anche alle ricchezze. E questo, vi chiedo, è forse difficile? È forse pesante non caricarsi di fardelli e di preoccupazioni importune?»[2].

Allora, torniamo a fare spazio nella nostra vita. Togliamo ciò che ci impedisce di aprire il cuore all’imprevisto bello, preghiamo con insistenza Dio affinché ci renda capaci di ottenere ciò che sentiamo nel cuore. Ma non smettiamo mai di sperare perché, se una porta non si apre, non è detto che la strada sia sbagliata!

Emanuele Giuseppe Di Nardo


[1] Agostino, Sermone 61, De verbis Evangelii Matth. 7, I, II, III, IV

[2] Giovanni Crisostomo, Commentario a Matteo 90, 3.

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