L’Esodo: un cammino alternativo
Amici e famigliari scherzano sempre sul fatto che, ahimè, ho un pessimo senso dell’orientamento e non posso fare a meno di usare il navigatore anche per tragitti brevi. Ricordo che c’era stato un periodo, l’ultimo anno di università, in cui mi ero ostinata a non usarlo perché volevo provare ad imparare ad orientarmi. Il risultato era che giravo ma non riuscivo ad arrivare a destinazione.
Questo mi è tornato in mente qualche giorno fa, leggendo il brano dell’Esodo che narra dell’uscita del Popolo d’Israele dall’Egitto. Il popolo ebraico era schiavo degli Egizi e il Signore lo avrebbe liberato grazie a Mosè ma non fu un’impresa facile: Mosè a lungo tentò di convincere il faraone a lasciar partire il suo popolo ma egli, indurendo il cuore, si rifiutò tante volte.
Quando, finalmente, il faraone lascerà partire gli israeliti, il Signore cosa fa? Non li guida per la via più breve, bensì, per la strada del deserto verso il Mar Rosso. La strada più corta, cioè la strada dei Filistei, era molto controllata dalle truppe del faraone mentre la strada del deserto del Sinai era meno trafficata e quindi ritenuta più sicura ma era molto più lunga.
Non ti nascondo che mi sono sentita molto colpita da questa parola: quante volte il Signore mi fa percorrere strade che mi sembrano lunghe e stancanti per proteggermi dalle tentazioni che troverei nelle vie più facili? Gli Israeliti vivevano la sofferenza e la precarietà della schiavitù ma la loro liberazione rischiava di essere compromessa. Il Signore temeva, anzi, sapeva che quella strada più facile che li avrebbe portati alla Terra di Canaan in poco tempo nascondeva delle tentazioni che, facendosi largo nelle paure del popolo, lo avrebbero riportato indietro, alla schiavitù.
Eppure, se pensiamo al deserto, di certo non ci viene in mente un luogo confortevole: fa caldo, non c’è acqua né cibo; nel deserto vengono meno le nostre sicurezze. Israeliti, infatti, si ribellarono a Mosè dicendogli che almeno in Egitto, nonostante fossero schiavi, avevano ciò di cui necessitavano ma il Signore non ha esitato a provvedere mandando loro la manna dal cielo. Ci sono tante schiavitù che sembrano meno dure di un faraone, che si nascondono dietro una maschera che ci impedisce di riconoscerle come tali ma che ci tengono ugualmente in catene impedendoci di raggiungere la nostra terra promessa. Io, per anni, ho vissuto come “schiava” di me stessa, convinta che la mia volontà fosse quella giusta e che, sicuramente, quello che io pensavo era ciò che Dio voleva per me, recitavo Sia fatta la Tua volontà nel Padre Nostro ma non ne ero mai convinta fino in fondo: mi faceva paura quella Sua Volontà, volevo seguire le mie strade: più brevi e più comode. Ma seguendo le mie indicazioni non riuscivo ad arrivare da nessuna parte, quando raggiungevo una meta capivo che non era quello il mio posto. Per essere libera dovevo e devo seguire la Sua strada. Quella via del deserto che a volte, nonostante mi sembri tanto interminabile e faticosa, Dio me la sta facendo percorrere per proteggermi da quelle tentazioni che mi che mi farebbero dimenticare che sto camminando verso la terra promessa, che mi porterebbero alla schiavitù. Allora, in vista della Quaresima che ci attende, ti invito a non temere di camminare nel deserto: Lui cammina davanti a noi come nube di giorno e fuoco di notte[1] perciò a te che ti senti schiavo, a te che questo deserto fa paura e che, come me, ti senti girare senza riuscire ad arrivare da nessuna parte, ti lascio con le parole che Giuseppe disse ai suoi fratelli centinaia di anni prima della loro liberazione: “Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa terra[2]”. Non aver paura di seguire la via che ti chiede di percorrere.
Valentina Bascelli
[1] Es 13,21
[2] Gen 50,24
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