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La malattia, occasione di salvezza

In una società ispirata al progresso scientifico e tecnologico, incentrata sul profitto e sull’eliminazione dei costi superflui, laddove si tende a considerare inutile la vita di una persona anziana e/o malata, San Giovanni Paolo II scelse di contrastare apertamente tale convinzione, poi diffusasi in modo dilagante negli anni successivi, istituendo la Giornata Mondiale del Malato.

Egli ricordò il difficile contesto in cui sarebbe stata celebrata la prima giornata Mondiale del Malato, caratterizzato da innumerevoli innocenti vittime dei vari conflitti combattuti nel mondo e da numerosi malati le cui sofferenze non erano alleviate, ma aggravate da un trattamento sanitario inidoneo[1]

Dopo 30 anni, purtroppo, la situazione non è di molto migliorata, guardando anche solo alla guerra tra Russia e Ucraina.

Papa Giovanni Paolo II restituì senso e significato anche alla malattia, ricordando che “Alla luce della morte e risurrezione di Cristo la malattia non appare più come evento esclusivamente negativo: essa è vista piuttosto come una «visita di Dio», come un’occasione «per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana nella civiltà dell’amore» (Salvifici Doloris, 30). La storia della Chiesa e della spiritualità cristiana offre di ciò amplissima testimonianza. Lungo i secoli sono state scritte pagine splendide di eroismo nella sofferenza accettata ed offerta in unione con Cristo. E pagine non meno stupende sono state tracciate mediante l’umile servizio verso i poveri e i malati, nelle cui carni martoriate è stata riconosciuta la presenza’’[2].

In perfetta continuità logica e di pensiero, a distanza di 20 anni dalle parole di Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI ricordò coloro che si distinsero in esemplare fiducia nella bontà di Dio nonostante la sofferenza (“Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo, «esperta della scientia amoris» (Giovanni Paolo II, Lett. ap., Novo Millennio ineunte, 42), seppe vivere «in unione profonda alla Passione di Gesù» la malattia che la condusse «alla morte attraverso grandi sofferenze». (Udienza Generale, 6 aprile 2011)”; “Sant’Anna Schäffer di Mindelstetten seppe, anche lei, in modo esemplare unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo: «il letto di dolore diventò… cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario… Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio» – Omelia per la canonizzazione, 21 ottobre 2012” )[3] e coloro che manifestarono e vissero con grande carità la vicinanza agli ammalati (“Il Venerabile Luigi Novarese, del quale molti ancora oggi serbano vivo il ricordo, nell’esercizio del suo ministero avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti, che accompagnava spesso nei Santuari mariani, in speciale modo alla grotta di Lourdes’’; “Teresa di Calcutta iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucaristia, per uscire poi nelle strade con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”; e infine “la figura della Beata Vergine Maria, che segue il Figlio sofferente fino al supremo sacrificio sul Golgota. Ella non perde mai la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte, e sa accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce. La sua ferma fiducia nella potenza divina viene illuminata dalla Risurrezione di Cristo, che dona speranza a chi si trova nella sofferenza e rinnova la certezza della vicinanza e della consolazione del Signore’’)[4].

In occasione della prossima Giornata Mondiale del Malato, Papa Francesco ci esorta a comportarci come Gesù fa con noi e con tutti i suoi figli: Gesù si spoglia della sua regalità di Dio, si china su noi per trovare e salvare la sua pecorella smarrita; Dio ha compassione di noi, non resta indifferente alle nostre sofferenze, si prende cura di noi con tutta la sua tenerezza.

Papa Francesco ci ricorda che la malattia fa parte della nostra vita, ma può diventare disumana se “è vissuta nellisolamento e nellabbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione […] Può accadere, […] che gli altri ci abbandonino, o che paia a noi di doverli abbandonare, per non sentirci un peso nei loro confronti. Così inizia la solitudine, e ci avvelena il senso amaro di uningiustizia per cui sembra chiudersi anche il Cielo. Fatichiamo infatti a rimanere in pace con Dio, quando si rovina il rapporto con gli altri e con noi stessi. Ecco perché è così importante, anche riguardo alla malattia, che la Chiesa intera si misuri con lesempio evangelico del buon samaritano, per diventare un valido ospedale da campo”: la sua missione, infatti, particolarmente nelle circostanze storiche che attraversiamo, si esprime nellesercizio della cura. Tutti siamo fragili e vulnerabili; tutti abbiamo bisogno di quellattenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare. La condizione degli infermi è quindi un appello che interrompe lindifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli’’[5].

La frase chiave della parabola del buon samaritano è “abbi cura di lui’’. Anche oggi Gesù ci rilancia la sfida invitandoci ad avere uno sguardo attento alla fragilità e alla sofferenza dei fratelli e delle sorelle, perché con grande amore ci facciamo carico delle sofferenze altrui per alleggerire il loro peso e perché anche noi possiamo ottenere «la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile» (n. 68).

Non è un caso che la Giornata Mondiale del Malato sia stata fissata nel giorno (11 febbraio) in cui ricorre la festività di Maria di Lourdes, rifugio e cura dei malati. Ogni anno migliaia di pellegrini si recano a Lourdes per sperimentare l’amore e la guarigione,  se non fisica sicuramente spirituale.

Impariamo da Maria ad avere uno sguardo amorevole, attento, reattivo alle sofferenze dei fratelli e delle sorelle, a lenire le loro sofferenze con l’amore, con la presenza e con piccoli gesti concreti che facciano sperimentare loro la grandiosità dell’amore di Dio. 

Affidiamo tutti gli ammalati, il personale medico sanitario e quanti si prendono cura dei sofferenti nelle tenere mani di Maria perché siano custoditi e illuminati dalla sapienza di Dio nel vivere, direttamente o indirettamente, le malattie.

Francesca Amico


[1] PAPA GIOVANNI PAOLO II, Messaggio di Giovanni II per la I Giornata Mondiale del Malato 11.2.1993, 21 ottobre 1992.

[2] ibidem.

[3] PAPA BENEDETTO XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XXI Giornata Mondiale del Malato, 11.2.2013, 2.1.2013.

[4] ibidem.

[5] PAPA FRANCESCO, Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXI Giornata Mondiale del Malato, 11.2.2023.

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