Cenacolo: San Tommaso, l’amico travolgente

In questo nuovo appuntamento del “Cenacolo”, oggi vediamo un Apostolo a me molto caro, per il suo essere amico di Gesù a modo suo: passionale, travolgente, a volte irriverente ma sempre sincero. San Tommaso.

Il Quarto Vangelo ci offre alcune notizie che ritraggono qualche lineamento significativo della sua personalità. La prima riguarda l’esortazione, che egli fece agli altri Apostoli, quando Gesù, in un momento critico della sua vita, decise di andare a Betania per risuscitare Lazzaro, avvicinandosi così pericolosamente a Gerusalemme (cfr Mc 10, 32). In quell’occasione Tommaso disse ai suoi condiscepoli: “Andiamo anche noi e moriamo con lui” (Gv 11, 16). Questa sua determinazione nel seguire il Maestro è davvero esemplare e ci offre un prezioso insegnamento: rivela la totale disponibilità ad aderire a Gesù, fino ad identificare la propria sorte con quella di Lui ed a voler condividere con Lui la prova suprema della morte[1]. Tutti avevano paura della propria vita, Tommaso invece guarda solo a Cristo ed ha una fede cieca nella sua presenza.

Questo primo passaggio ci aiuta ad entrare nell’essenza della fede: essere cristiano vuol dire seguire Gesù ovunque e in ogni occasione, senza distaccarsi mai da Lui. Proprio come una comune amicizia. Se siamo in un gruppo affiatato e, ad esempio, stiamo organizzando una cena per il sabato sera, la prima domanda che ci poniamo è: “chi c’è?”. Una volta appurato che il nostro migliore amico ha deciso di partecipare, è quasi naturale decidere di seguirlo per stare insieme e condividere una serata insieme. In questo modo, la vita cristiana si definisce come una vita con Gesù Cristo, una vita da trascorrere insieme con Lui. 

Un secondo intervento di Tommaso è registrato nell’Ultima Cena. In quell’occasione Gesù, predicendo la propria imminente dipartita, annuncia di andare a preparare un posto ai discepoli perché siano anch’essi dove si trova lui; e precisa loro: “Del luogo dove io vado, voi conoscete la via” (Gv 14, 4). È allora che Tommaso interviene dicendo: “Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?” (Gv 14, 5). In realtà, con questa uscita egli si pone ad un livello di comprensione piuttosto basso; ma queste sue parole forniscono a Gesù l’occasione per pronunciare la celebre definizione: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). È dunque primariamente a Tommaso che viene fatta questa rivelazione, ma essa vale per tutti noi e per tutti i tempi. Ogni volta che noi sentiamo o leggiamo queste parole, possiamo metterci col pensiero al fianco di Tommaso ed immaginare che il Signore parli anche con noi così come parlò con lui. Nello stesso tempo, la sua domanda conferisce anche a noi il diritto, per così dire, di chiedere spiegazioni a Gesù. Noi spesso non lo comprendiamo. Abbiamo il coraggio di dire: non ti comprendo, Signore, ascoltami, aiutami a capire. In tal modo, con questa franchezza che è il vero modo di pregare, di parlare con Gesù, esprimiamo la pochezza della nostra capacità di comprendere, al tempo stesso ci poniamo nell’atteggiamento fiducioso di chi si attende luce e forza da chi è in grado di donarle.[2]

Ma, più di tutto, noi conosciamo Tommaso per una frase che è entrata nel lessico quotidiano, usandola quando vogliamo esprimere un dubbio in merito ad un qualcosa: “se non vedo, non credo”. L’episodio da cui è tratta quest’espressione è riportata nel Vangelo di Giovanni:

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20, 24-29).

Non ti nego che avrò letto questo passo del vangelo decine e decine di volte e, in tutti i casi, ho sempre pensato che Tommaso fosse il discepolo di poca fede, quello che non s’accontentava di credere ma voleva delle prove concrete. Un po’ come capita a noi nel nostro cammino di vita: affermiamo di credere in Dio ma stiamo lì sempre a chiedergli delle prove della sua presenza, a chiedergli favori o miracoli, testimonianze visibili. Un po’ come i primi amori adolescenziali nei quali non ci si accontenta di un “ti amo” ma vogliamo che l’altro lo dimostri continuamente con gesti e regali. 

Come spiegare il fatto che l’Apostolo volesse una prova concreta della risurrezione di Gesù? Semplice, voleva esserci anche lui in quelle apparizioni! Tommaso era un grande amico di Gesù ed era triste per non aver avuto l’occasione di condividere, insieme agli altri, un momento speciale come quello della comparsa del proprio maestro. Forse sarà rimasto un po’ deluso, del tipo: “cavolo, tutti sono stati lì a festeggiare mentre io mi sono perso un momento che desidero da tempo!”. Ma, Gesù conosceva il suo cuore e, senza dirgli nulla, gli fa una grande sorpresa. Appena tocca le ferite del costato e delle mani di Cristo, Tommaso fa esperienza ed è felice. Gesù non si era dimenticato di lui e lui finalmente poteva essere felice perché era lì, insieme agli altri.

Tommaso c’insegna che la fede sia amicizia con Gesù: stare lì accanto a Lui a condividere tutto, ad avere quella forza interiore di dire come Tommaso “andiamo a morire con Lui” ovvero “andiamo dove ci chiama e moriamo come un seme nel terreno il quale, solo dopo la sua morte, rende possibile l’esplosione del bocciolo e l’inizio della vita della pianta”. Oggi, allora, t’invito ad assumere lo stesso atteggiamento di Tommaso: durante la giornata, interroga Gesù nel tuo cuore, fagli domande in continuazione, chiedigli chiarimenti su cose che stai vivendo e di cui non cogli il significato, domandagli del perché ti è successa una cosa piuttosto che un’altra, del perché proprio oggi hai ricevuto una chiamata inaspettata da qualcuno o qualcosa d’imprevisto. Disturbalo, parlaci senza filtri, Tommaso addirittura ha detto che voleva toccarlo con mano per essere sicuro. Anche tu, chiedi la grazia di “poterlo vedere e toccare” nelle situazioni della tua vita. Non resterai deluso!

Emanuele Di Nardo 


[1] Papa Benedetto XVI, omelia del 27/09/2006.

[2] Idem.

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