Cenacolo: San Matteo, l’amico non voluto

Siamo giunti alla quarta tappa di questo ciclo sul “Cenacolo” ma oggi, per un Apostolo speciale quale San Matteo, abbiamo deciso di rivolgersi ad un’amica speciale di “Parusia” alla quale cediamo la parola per parlarci di questo santo!

Matteo è quasi sicuramente il discepolo più difficile da descrivere perché, nei Vangeli, sono rari e frammentari gli accenni storici alla sua figura. Pare che vivesse a Cafarnao, in questo piccolo paesino nel quale c’erano anche i fratelli Simone e Andrea. Per quanto potessero conoscersi di vista, proprio come dei compaesani, la valutazione sprezzante che tutti avevano di Matteo era legata evidentemente alla professione che svolgeva. Nonostante l’etimologia del nome Matteo fosse “dono di Dio”, con un’accezione chiaramente positiva, i Vangeli lo descrivono come un pubblicano che, nel mondo romano, significava “appaltatore delle imposte”, pagando all’Impero un canone per esercitare la sua professione, esigendola poi per proprio conto ai suoi stessi connazionali. In parole povere era un esattore delle tasse! Prova, in questo momento, a pensare alla persona più antipatica e “orribile” che tu conosca: bene, Matteo suscitava questa reazione in chi lo conosceva.

Gli esattori delle tasse al tempo erano disprezzati, malvisti per il fatto che, pagare le tasse, non significava dare soldi ad un ente in cambio di un servizio. Significava dare soldi ai Romani, a coloro che occupavano ‘’ingiustamente’ una terra non loro. In pratica, significava pagare chi, di fatto, opprimeva gli stessi cittadini. I pubblicani erano giudicati dal popolo al pari di peccatori, prostitute e ladri. Quelle persone che quasi tradivano il sangue del loro sangue per dare benefici agli oppressori, maneggiando soldi ‘’sporchi’’.

Come ti dicevo prima, nel Vangelo non ci sono molte informazioni su Matteo, se non il momento della “chiamata”: “In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. All’improvviso succede qualcosa. Proprio mentre stava lavorando. Gesù lo guarda e lo invita. Matteo lascia tutto e va. 

T’invito a fare un esercizio molto semplice: immagina un “Matteo” nella tua vita! Qualcuno etichettato come il “diverso”. Qualcuno additato e giudicato. Potrebbe essere qualche collega di lavoro o di università, qualche conoscente o vicino di casa, chiunque. Quello che proprio non sopporti e che magari, solo all’idea di uscirci insieme, preferisci rimanere a casa, pur di non vederlo. A me è successo con una persona in particolare. Solo l’idea di condividerci qualcosa mi faceva innervosire, portandomi a decidere di evitare contatti. Ma il “Matteo” della situazione potresti essere tu, etichettato e giudicato semplicemente per il tuo essere “qualcosa”: troppo studioso o troppo disinteressato allo studio, troppo silenzioso o troppo chiassoso, il migliore in qualcosa o il meno indicato, il più estroverso o il più introverso, ecc. Diciamo che, nel quotidiano, spesso ci ritroviamo a prendere le parti dello stesso Matteo o della stessa comunità, sono ruoli interscambiabili. 

Ma qui arriva la svolta! Nell’incontro con Matteo, Gesù lo ri-conosce. Lo conosce davanti a tutti in un nuovo modo. Ad uno sguardo penetrante che scruta il profondo del nostro cuore e che riconosce chi siamo davvero, non riusciamo mai a dire di no, proprio come Matteo. Non dice di no. Gesù lo conosce, non lo etichetta. Conosce il suo valore, accetta il suo essere Matteo al di là del suo lavoro. Ed è una cosa lampante quella che emerge dal comportamento di Gesù: veramente nessuno è da escludere nella sua amicizia.  

È facile supporre come gli altri apostoli non fossero molto d’accordo con la decisione del loro Maestro, casomai mettendogli in luce tutti i motivi per i quali Matteo non poteva essere uno di loro. Forse proprio alla sua presenza, mentre ascoltava il parere infelice dei suoi nuovi compagni di viaggio. Ma Gesù, ancora una volta, stupisce tutti dicendo: “State calmi, forse non avete capito che io non sono venuto per stare vicino ai perfetti, io sono proprio per coloro che sbagliano.  Perché ricordiamoci che ‘’sbagliare’’ fa parte del nostro essere umani, l’errore è qualcosa da accettare, accogliere e comprendere … non da etichettare”.

Gli altri vedevano il pubblicano, Gesù vide Matteo, semplicemente, cogliendo l’unicità della persona, la sua bellezza profonda. Tutti siamo profondamente belli. Anche l’altro che ci sta davanti. Tutti siamo stati creati ad immagine di Dio. A volte, però, questa bellezza non è espressa e, quindi, non viene neanche tanto colta, però c’è. Gesù è in grado di coglierla e guarda Matteo in questo modo. Per questo motivo, Matteo lascia tutto e parte, forse perché era il primo a non essere soddisfatto della sua vita e a non trovare bellezza in ciò che era. Mi chiedo come sarà stato per lui guardare gli altri con occhi nuovi e purificati? Come avrà guardato gli assassini, le prostitute o miserabili? Come si sarà posto nei loro confronti, lui che aveva ricevuto questo sguardo di Gesù?

Allora ti lascio con un consiglio. Prenditi del tempo in questi giorni, trovando uno spazio per la preghiera. Guardando alla tua vita e alle situazioni che stai vivendo in questo specifico tempo, lasciati guidare da queste domande: come mi pongo io davanti agli altri che appaiono in un modo diverso? Vedo la loro bellezza profonda o giudico distrattamente? Io mi sento guardato così nel profondo dagli altri e da Gesù stesso? 

Gesù vede la tua bellezza profonda anche quando tu stesso non la vedi o gli altri non la riconoscono.  E’ lo sguardo che coglie la bellezza al di là dell’apparenza!

Francesca Polidoro

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