Il cammino della Risurrezione (pt. 5)
Otto giorni dopo l’apparizione di Gesù ai discepoli, Gesù tornò a fare visita ai suoi (Gv 20, 24-29). Tornò anche per loro, ma tornò principalmente per Tommaso che non aveva assistito all’apparizione di Gesù e che all’annuncio di tale manifestazione con prontezza rispose “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò’’ (Gv 20, 25).
Gesù con estrema docilità e delicatezza tornò a fare visita ai suoi, che ancora una volta trovò barricati nelle loro paure, nel loro smarrimento, nella loro delusione (ancora una volta erano a porte chiuse), nonostante i molteplici annunci della sua Risurrezione (ad opera delle donne, di Pietro, dei discepoli di Emmaus) e perfino la sua diretta manifestazione.
Gesù, però, non si lascia demoralizzare dalla nostra fragilità, anzi, è un’ulteriore occasione per Lui per amarci e per dimostrarci fin dove è possibile amare: fino ad accogliere infinite volte la nostra incredulità anche di fronte all’evidenza.
Possiamo imparare da Gesù il suo stile di amore. Uno stile di amore paziente, accogliente, premuroso, delicato che si fa avanti, che si fa incontro con estremo rispetto dell’altro, della sua diversità, della sua libertà e lo fa sentire amato, qualsiasi cosa pensi o faccia.
Un amore totalmente personalizzato che si accorge, che si scomoda per ogni singola persona e le va incontro. Gesù ci insegna ad avere uno sguardo meravigliato nei confronti della vita perché ognuno di noi è un miracolo e una ricchezza per tutti noi.
Ancora una volta Gesù mostrò i segni della passione perché non tutto tornò uguale dopo la Pasqua. I segni della sofferenza, del dolore, del peccato, nella carne e nei discepoli - i discepoli ora erano Undici, mancava Giuda - erano rimasti, ma proprio quei segni permisero a Tommaso di fare la più bella e spontanea professione di fede “Mio Signore e mio Dio’’ (Gv 20, 28), che sintetizza “tu Signore sei la mia priorità, il senso più profondo della mia vita, a te mi consegno e dono la mia vita perché tu sia glorificato’’.
Il cammino della Pasqua si sta per concludere, stiamo giungendo a grandi passi verso la Pentecoste. Come Tommaso possiamo prepararci alla Pentecoste ripetendo la sua professione di fede “Mio Signore e mio Dio’’.
Signore, desidero compiere la tua volontà anche quando questo scombussola i miei piani e fa crollare i miei schemi. Donami il coraggio di restare nella mia storia, di accogliere il tuo passaggio nella mia quotidianità, di cogliere i segni tenui ma tenaci della tua presenza. Ti chiedo il dono della fede, della fiducia in te che mi chiedi di lasciare i miei schemi, le mie sicurezze per cambiare prospettiva, per osservare il progetto meraviglioso che hai pensato per me, ma che senza di me non si può compiere.
Aiutami a pronunciare la stessa professione di fede che Tommaso ha pronunciato con estrema spontaneità “Mio Signore e mio Dio’’.
Salvami tu Signore dalle mie prigioni che mi fanno sentire al sicuro, ma che mi impediscono di volare alto. Torna a liberarmi ogni volta in cui mi rifugio nei miei schemi perché se in Te solo confido e a te solo mi aggrappo potrò sperimentare il Paradiso già qui in terra.
Salvami tu Signore e donami il coraggio di lasciarmi salvare, di mollare la presa.
Francesca Amico
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