Fede e ragione: due ali per volare in alto!

Facebook, pagina comica. C’è un meme con il solito vecchietto sorridente davanti al PC: “Ahah, ma questi terrapiattisti chi credono di convincere? Non certo me, che sono un capricorno”. Chiusura del vecchietto, in apertura di post: “Ora scusatemi ma vado a messa”. A parte la contagiosa allegria che questo nonno mette a tutti noi, penso faccia riflettere molto il messaggio contenuto nel post: una teoria scellerata, quella terrapiattista, posta sullo stesso piano dell’oroscopo e della messa, alias la fede. Tre campi ritenuti assolutamente non ragionevoli, e che come tali possono essere comodamente “bevuti” dall’inesperto di turno. 

Ma davvero la fede è irragionevole? Davvero credere significa mettere da parte la ragione? Pochi giorni fa la Chiesa ha ricordato San Tommaso d’Aquino, grande studioso del secolo XIII. Egli ha passato gran parte della sua vita a dimostrare che fede e ragione non sono affatto in opposizione tra loro, ma costruiscono due aspetti fondamentali per la vita dell’uomo. L’essere umano, infatti, ha tra le sue caratteristiche peculiari quella di essere “intelligente”, di avere cioè a disposizione la ragione, e ciò lo eleva sopra tutte le altre creature. L’uomo  è anche l’unica creatura a potersi porre domande di senso, proprio in virtù di quella ragione che lo aiuta a percepirsi come parte di un tutto molto più grande di sé. Un cammino di ricerca, svolto con retta coscienza e con l’uso della ragione, può far scorgere dei segnali di luce che giungono all’uomo e che gli suggeriscono che la sua intuizione è corretta, che esiste un Altro ed un Oltre, verso il quale tutti siamo proiettati. Il cristianesimo ha sempre rifiutato il fideismo, cioè la volontà di credere contro le evidenze della ragione. Credere è un atto della ragione, cui la ragione arriva dopo essersi mossa con tutte le sue energie e le sue capacità: credere è riconoscere come vero quello che la ragione ha mostrato come plausibile. La ragione conduce alla porta della Verità, oltrepassare quella porta è iniziare a credere. Credere è dunque una scelta fatta per una convinzione profonda di mente e cuore. Il cristianesimo, la fede cioè in un Dio che si fa carne per non rimanere un concetto astratto, ma per essere Amico e Maestro dei suoi figli, non può che essere concretotangibileragionevole. La fede non è quindi sentimento, idea lontana dalla quotidianità e dall’intelletto di ciascuno di noi, tutt’altro. Essa risponde agli interrogativi che la mente e la ragione si pongono. 

Possiamo infatti domandarci: possibile che la vita non abbia un senso? Possibile che l’essere umano si riduca al nascere, all’invecchiare e al morire? Possibile che tutte le meraviglie che vediamo intorno a noi siano frutto del caso? Davvero questa fame di infinito che porto nel cuore non può essere saziata? Davanti a queste domande ragionevoli ecco che interviene una risposta di fede, che è innanzitutto una risposta di buon senso, una risposta che dà pienezza. Credere non significa vedere con certezza, ma comprendere una parte del tutto e scommettere la propria vita su quella intuizione, che via via si farà sempre più chiara. Chi crede non fa un salto nel vuoto, ma si basa su quello che ha visto (quello su cui ha ragionato) per compiere l’atto del credere. 

La fede che arriva attraverso il ragionamento è in realtà una dimostrazione del grande amore e del grande rispetto che Dio ha per noi: vuole che arriviamo a Lui attraverso le nostre facoltà umane, e questo significa valorizzarle, apprezzarle. Significa che Dio ci tratta da figli, figli “intelligenti”, e non da schiavi, che devono semplicemente obbedire agli ordini del padrone, senza poterli valutare con libertà. Gesù stesso, oltre che operare miracoli, ha “spiegato” il regno di Dio nei Vangeli, ha “mostrato” alla nostra intelligenza l’amore del Padre, ha chiarito i dubbi dei suoi ascoltatori: Dio, cioè, non ci fa violenza chiedendoci di credere, ma ci dà la possibilità di sfruttare al massimo la nostra umanità. 

Ed è talmente vero che Dio vuole che ci mettiamo in gioco nel credere, che S. Pietro in una sua lettera ci dice di dare a tutti ragione della speranza che è in noi, cioè ragione della nostra fede. Dobbiamo, cioè, aiutare a far riflettere chi ci pone delle domande sulla nostra fede, non dando facili risposte preconfezionate, ma dimostrando la ragionevolezza di ciò in cui crediamo. E se anche noi abbiamo dubbi, incertezze o perplessità, ricerchiamo con la nostra intelligenza le risposte che appagano la nostra sete. Ricercare la Verità può essere davvero il viaggio più bello della nostra vita. 

Francesco Simone

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