Siamo arrivati agli sgoccioli di questo 2020. Tra poche ore entreremo nel nuovo anno solare. È innegabile che, ripensando a questi mesi, in futuro si parlerà soprattutto del Covid-19 e della pandemia che ha colpito il mondo intero. Siamo entrati nei libri di storia, sebbene ne avremmo fatto proprio a meno. Anche se non basterà passare ad un nuovo anno per risolvere magicamente la situazione, il compito dello storico è quello di tracciare un bilancio di quanto è stato vissuto e provare a darne un senso. Ma mi chiedo: la pandemia ci sta lasciando qualcosa di buono? Lasciamo perdere quei messaggi vuoti o astratti del tipo “ce la faremo” oppure “andrà tutto bene”. Il coronavirus ci ha messi di fronte ad uno specchio e ci ha mostrato chi siamo davvero e cosa vogliamo per le nostre vite.

Qualche anno fa è stata portata avanti una ricerca sulle origini del Cristianesimo e sulla velocità della sua diffusione nell’Impero romano, facendo emergere un dato sconvolgente: la fede cristiana si è sviluppata soprattutto nei momenti di crisi, legati alle due epidemie che colpirono il mondo antico nel 165 e nel 251. Nel primo caso ci troviamo sotto l’impero di Marco Aurelio e perse la vita circa un terzo dell’intera popolazione romana, tra cui lo stesso imperatore nel 180 (la pandemia durò ben quindici anni!). Nella seconda epidemia, nel pieno delle persecuzioni anticristiane, addirittura a Roma morivano 1500 persone al giorno. Furono momenti duri che segnarono la storia dell’uomo proprio come adesso. Ma come ha fatto il Cristianesimo a diffondersi proprio mentre perdevano la vita migliaia di persone? Una situazione del genere avrebbe dovuto portare molti a dubitare dell’esistenza di Dio. Invece no! Abbiamo delle fonti, tanto cristiane quanto pagane, dell’epoca che ci permettono di avere una visione precisa di quei giorni. Nel 260 il vescovo di Alessandria d’Egitto, Dionisio, scrisse una lettera pasquale nella quale elogiava lo sforzo eroico di molti cristiani locali che assistevano i malati e in alcuni casi persero la vita prendendosi cura degli altri, soprattutto dei pagani: “La maggior parte dei nostri fratelli, dunque, senza avere alcun riguardo per se stessi, per un eccesso di carità e d’amore fraterno, accostandosi gli uni agli altri, visitavano senza preoccupazione gli ammalati, li servivano meravigliosamente, li soccorrevano in Cristo e morivano assai gioiosamente con loro; contagiati dal male degli altri, attiravano su di sé la malattia del prossimo e ne assumevano volentieri le sofferenze”. Proprio mentre i pagani, invece, colti dalla paura fuggivano ed abbandonavano le case e le proprie famiglie. Ora non dobbiamo correre il rischio di banalizzare ovvero di pensare che i cristiani fossero i “buoni” e i pagani i “cattivi”. Ma riflettere su un aspetto: la fede pagana si basava sull’idea del sacrificio ovvero sul fatto che gli dei chiedessero un sacrificio in cambio della loro benedizione. La fede cristiana invece puntava l’attenzione sull’amore fraterno e sulla capacità di amare Dio mettendosi al servizio dei più bisognosi. Per i pagani era inconcepibile che un dio non accettasse un sacrificio animale e preferisse invece che gli uomini si amassero l’un l’altro. Pertanto, non sapendo cosa fosse la misericordia divina e ritenendo che gli dei non s’interessassero molto agli affari degli uomini, molti pagani fuggirono in campagna, abbandonando tutto, anche amici e parenti, proprio mentre i cristiani assistevano i malati. Le divinità pagane esigevano solo sacrifici propiziatori mentre il resto delle faccende era demandato alle mani umane per cui un sacerdote pagano non poteva predicare che coloro che non possedevano uno spirito caritatevole stavano venendo meno alla propria morale. Ora, se vi foste trovati su un letto febbricitanti e malati, sapendo che i vostri parenti erano morti o fuggiti, in cosa avreste creduto se non nelle amorevoli cure di cristiani che, senza parlarvi del loro Dio, in realtà vi facevano sentire amati e speciali?

Il cristiano non è chi approfitta delle debolezze altrui con l’inganno per attirarlo a Dio. Il cristiano è chi soccorre il debole proprio come lui è stato soccorso nella difficoltà, mentre ti porta a scoprire che, per quanto l’orizzonte possa essere nero, c’è sempre una luce che lo giuda. Credere è una libera scelta e nel III-IV secolo molte migliaia di pagani scelsero di convertirsi alla fede cristiana al punto che l’imperatore Giuliano l’Apostata decise d’intervenire ordinando che i pagani provassero ad eguagliare le virtù cristiane e la loro capacità d’assistere gli estranei ed i sofferenti. Il risultato? Poco prima del 160 si stabilisce che in una città di 10.000 abitanti ci fosse un cristiano per 249 pagani. Un secolo dopo, nel 260, il rapporto è diventato di 1 a 4.

Emanuele Di Nardo

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