Perché Santiago? Volevo Gerusalemme!
Non volevo andarci eppure sono arrivato sino a Santiago! Credo che, ascoltando questa prima laconica affermazione, amico che ti trovi a scorrere lungo quest’articolo potresti prendermi per pazzo e a ragione. Due settimane fa mi sono ritrovato a vivere una delle esperienze più belle ed intense della mia vita in terra iberica, precisamente in Galizia, seguendo le orme di san Giacomo apostolo insieme a migliaia di pellegrini. Eppure mai avrei immaginato di arrivare fino al punto più estremo della penisola iberica. Avevo un altro sogno (che tutt’ora continuo a coltivare, nonostante le quotidiane e funeste notizie che intasano i nostri telegiornali) ovvero quello di andare in Terra Santa: sono anni che desidero vivere in prima persona i luoghi dei Vangeli, osservare il Giordano, affrontare il deserto nel quale Gesù rimase per quaranta giorni, assaporare le vie di Gerusalemme fino al Calvario ed oltre!
Mi ripromettevo da anni di voler compiere questo viaggio ma, per motivi sempre non dipesi da me, tale impresa sembrava impossibile. Così, messomi (in parte) il cuore in pace, in maniera del tutto casuale un gruppo di amici della Brianza mi hanno contattato lo scorso febbraio per chiedermi se fossi interessato ad andare con loro in pellegrinaggio a Santiago: 115 km in circa 5 giorni! All’inizio la mia risposta è stata abbastanza fredda, preso dal pensiero che una delle uniche due settimane di ferie le passassi a camminare con il rischio di tornare a lavoro più stanco di prima. Eppure, confrontandomi anche con altri amici di Chieti che volevano andare, ho deciso di buttarmi in quest’esperienza e sono partito!
Sono stati cinque giorni magnifici (ne riparleremo più dettagliatamente in altri articoli). Oggi ti racconto una cosa che ho scoperto durante una messa e che mi ha svoltato tutto il pellegrinaggio. Evidentemente in Spagna le celebrazioni eucaristiche sono in spagnolo o, al massimo, in inglese. Il quarto giorno di viaggio siamo giunti ad un paesino chiamato O’ Petrouso: un classico villaggio galiziano, carino e tranquillo. Giunti alle 19, mentre ci stavano recando verso la chiesa per la messa, una volontaria italiana, riconoscendoci come connazionali, ci ha invitati a seguirla perché, poco più lontano, in un granaio ormai dismesso, un sacerdote missionario italiano stava per celebrare nella nostra lingua. Con qualche perplessità l’abbiamo seguita e mai scelta fu più azzeccata! Questo sacerdote, don Luigi, ci ha spiegato che il suo ordine da diversi anni si è trasferito a Santiago con la missione di accompagnare e guidare i pellegrini italiani. Durante l’omelia si è speso molto nel raccontarci la storia del Cammino e nell’indicarci il modo migliore per entrare spiritualmente a Santiago, meta che avremmo raggiunto il giorno dopo. Mentre parlava, ha detto una cosa che mi ha colpito tantissimo. “Sapete perché è nata la tradizione del Cammino di Santiago? In antichità i fedeli cristiani, specialmente coloro che dovevano espiare colpe gravissime, compivano il classico viaggio verso la Terra Santa. Tuttavia, quando ciò non fu più possibile a causa della pericolosità del viaggio e della dominazione musulmana dei luoghi di culto, sorse la necessità di trovare nuovi modi per espletare tale bisogno. Così molti pellegrini si sono detti che, se non potevano raggiungere i luoghi vissuti da Gesù Cristo, potevano però recarsi verso le tombe dei suoi amici più stretti. Vengono così riscoperti Pietro (Italia) e Giacomo (Spagna).
Mentre ascoltavo, rimasi folgorato: quella storia stava parlando a me! Il desiderio forte ma incompiuto di andare a Gerusalemme mi aveva portato, senza volerlo, a Santiago. In quel preciso istante si è squarciato il velo davanti agli occhi: se all’apparenza non capivo il motivo profondo di questo pellegrinaggio, li il Signore mi ha parlato chiaramente facendomi capire che aveva accolto il mio desiderio, traslandolo semplicemente in un’altra via. E, durante i cinque giorni di camminata, davvero sono stato chiamato a cambiare strada molte volte, a decidere se andare a destra o a sinistra, a spostarmi quando la porzione di strada che percorrevo era bloccata da un ostacolo o ricolma di una folta vegetazione. Sono arrivato a Santiago, alla tomba di San Giacomo, con il cuore pieno di gioia per aver capito che nella vita cambiare strada non vuol dire annullare tutti i desideri precedenti ma dargli una concretezza maggiore e più bella!
Allora amico mio t’invito davvero ad interrogarti sul cammino che stai compiendo: ti ritrovi in una strada che non avresti mai pensato di percorrere ma che, in fondo al cuore, senti che possa essere buona anche senza vedere la meta? Percorrila senza timore perché la Gerusalemme dei tuoi sogni forse passa dalla Santiago del momento presente. Non aver paura di rimetterti in cammino, di ricominciare da zero, di perdere le certezze sulle quali ti poggiavi. C’è sempre tempo per compiere un passo in più, un passo verso il cielo, un passo verso l’eternità!
Emanuele Giuseppe Di Nardo
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