Le Olimpiadi di Parigi e della fede: Tra Allenamenti, Recupero e Riposo

Negli ultimi giorni, stiamo vedendo atleti gareggiare e dare il meglio di sé nelle loro rispettive discipline. Si sono allenati per tanto tempo e spendendo tutte le loro forze per arrivare preparati a quello che è considerato uno dei più grandi eventi sportivi mondiali. 

Forse, guardando a quegli atleti, ci sarà venuta anche voglia di iniziare qualche sport. Tra chi di noi decide che a settembre assolutamente si iscriverà in palestra, chi forse decide che il tennis è lo sport più bello del mondo e prende dentro di sé la decisione di diventare il nuovo Sinner, tutti abbiamo una cosa in comune: guardare persone che raggiungono quello che possiamo considerare “pienezza”, che danno il meglio di loro stesse, ci fa venire voglia di fare altrettanto. 

E’ una cosa quasi innata dentro di noi: vedere altri che danno il meglio di sé ci spinge a fare altrettanto. Il problema è che quando tocca a noi, non sappiamo da dove cominciare e spesso ci sconfortiamo. Tendiamo infatti a pensare che qualunque sport iniziamo, vedremo dei risultati immediati. Perché, infondo, quella chiamata a tirare fuori il meglio da noi si aggancia anche ad una particolare convinzione secondo la quale noi abbiamo un talento nascosto che si rivelerà appena ne avremo bisogno. E per quanto questa convinzione possa essere giusta, c’è d’altro canto una questione di non minore importanza che non dobbiamo perdere di vista: la fatica dell’allenamento e l’importanza del recupero. 

Difatti, indipendentemente dalla fede di ciascuno, c’è un’affermazione del vangelo che sono convinto metterebbe d’accordo tutti gli atleti delle Olimpiadi: “Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti” (Lc 16, 10). Che, in questo caso, ci indica che il talento che sentiamo di avere dentro, tanto nello sport quanto nella nostra vita, non è qualcosa che brilla alla prima occasione in cui lo mettiamo in atto. Ha bisogno di essere coltivato, ha bisogno di esercizio continuo, ma soprattutto, ha bisogno di riposo e di recupero. 

E’ strano a pensarci, ma per dare il meglio delle nostre prestazioni, abbiamo bisogno di tempo di recupero. Uno studio interessante condotto da Doherty e colleghi nel 20211, ha mostrato come gli atleti che riposavano di meno riportavano più alti livelli di fatica, stress e dolore. Al contrario, un adeguato riposo sembra migliorare la performance degli atleti 2.

Ciò che vale per i nostri allenamenti e negli sport che pratichiamo o vorremmo praticare, vale anche per le nostre vite di tutti i giorni. Difatti, nel corso dell’anno cerchiamo di spenderci al massimo per le cose di cui siamo chiamati ad occuparci: il lavoro, la famiglia, lo studio e così via. Arriviamo quindi all’estate con il desiderio di staccare tutto e di riposarci. E di fatti, è esattamente ciò che dovremmo fare. Mi colpisce sempre pensare che è ciò che capitò agli apostoli. Nel momento di massima “performance”, in cui erano felicissimi ed emozionati per le cose che stavano compiendo, frenetici per tornare a fare ciò che Gesù aveva comandato loro, Gesù dà loro un nuovo comandamento: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'” (Mc 6, 31). 

Se assumiamo che il vangelo è molto ragionevole, penso che in realtà l’insegnamento di Gesù non sia in disaccordo con la letteratura scientifica: quando diamo il massimo, e per dare il massimo, abbiamo bisogno di riposare.

Riposare però non vuol dire solo ed esclusivamente dormire, ma nello specifico fa riferimento al fatto di cessare quell’attività in cui ci stiamo spendendo. Giocando un po’ con l’etimologia della parola, Alessandro D’Avenia affermava che il riposo è l’occasione che abbiamo per posarci nuovamente, riposizionarci, rimetterci al posto giusto. Per meglio dire, l’occasione di rimettere il cuore al posto giusto. E questo non lo possiamo fare dormendo tutto il giorno, né continuando a lavorare per tutto l’anno. 

Ma allora come fa un riposo ad essere efficace? Dedicandosi ad altro, praticando altre attività, che possono essere anche simili, ma che non siano di lavoro o di “allenamento”. 

Mi colpì una volta, ascoltando un’intervista a Valentino Rossi, il quale raccontava che quando non correva la MotoGP si divertiva ad andare a fare motocross. Ricordo di aver pensato: ma non si romperà le scatole sempre in moto? Col tempo poi, capii che in realtà no, perché se normalmente amava correre in moto per lavoro, la moto cross era il momento in cui poteva semplicemente fare una cosa che gli piaceva perché si divertiva. E quello era ciò che lo riposava e lo aiutava a dare il meglio di sé in pista. 

Come si può riposare allora effettivamente?

Beh, questa in realtà è una domanda a cui solo tu puoi rispondere. Solo tu puoi sapere cosa trovi riposante, cosa ti rimette nel punto giusto. Può essere la lettura, la scrittura, può essere la preghiera, può essere il kayak, può essere qualsiasi cosa ti dia quel momento in cui, mentre la stai praticando, ti rendi conto che il tuo cuore è proprio lì che vuole essere. E se non sai quale sia, ecco una sfida per te: prova qualcosa che normalmente non fai durante l’anno. 

Questo, vedrai, ti darà la possibilità di migliorare la tua performance quando ricomincerà l’anno e ti aiuterà a dare il meglio di te nelle nuove attività che ti aspettano. E magari, ti fornirà uno spazio durante l’anno, nei momenti di maggiore fatica, per riposarti, per riposizionare il cuore. 

Buon riposo e buon recupero!

Antonio Pio Facchino

1 Doherty, R., Madigan, S. M., Nevill, A., Warrington, G., & Ellis, J. G. (2021). The Sleep and Recovery Practices of Athletes. Nutrients13(4), 1330. https://doi.org/10.3390/nu13041330

2  Venter R.E. (2012). Role of sleep in performance and recovery of athletes: A review article. South African Journal for Research in Sport, Physical Education and Recreation, 34(1),167–184.

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