Il viaggio della conversione di Paolo
Oggi, 25 gennaio, festeggiamo la Conversione di San Paolo, un evento epocale per la storia della Chiesa. Siamo abituati a leggere il racconto degli Atti degli Apostoli (At 9, 1-19) nel quale si narra del famoso viaggio verso Damasco, della cecità di Saulo, dell’incontro con Anania e del battesimo di Paolo. Lo scorso anno, proprio qui su Parusia, abbiamo dedicato un ciclo di podcast nel tempo di Quaresima su questi versetti. Ma la conversione è un meccanismo che ha un inizio attraverso un evento inaspettato e forte ma che non si conclude in esso, anzi. La conversione è un percorso, un viaggio nel quale l’uomo evolve e matura. Allora, per entrare nel vivo della festa odierna, credo che sia buono rileggere la Scrittura per comprendere ciò che accadde a quest’uomo.
Saulo di Tarso compare per la prima volta negli Atti degli Apostoli al capitolo 7, mentre si racconta della lapidazione di Stefano. Sappiamo di un giovane ragazzo che assiste alla pena capitale comminata dalle autorità giudaiche verso il primo martire cristiano. Ai piedi di Saulo vengono deposti i mantelli dei testimoni che avrebbero lapidato Stefano. Quindi, Saulo assiste alla scena, ne condivide lo sviluppo ma non interviene. Poco più avanti si dice che egli “approvava la sua uccisione” (At 8, 1). In quello stesso giorno a Gerusalemme scoppiava una persecuzione, molti cristiani lasciarono la città per evitare la morte. Saulo intanto “cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere”. Coloro che fuggirono, colsero l’occasione per diffondere il Vangelo nella Giudea e nella Samaria, a partire da Filippo. Quindi, questo è il punto di partenza della conversione di Paolo: un uomo timorato di Dio, fariseo formatosi alla scuola di Gamaliele, un fervente fedele di Dio pronto a scagliarsi contro un gruppo di uomini che professavano una fede blasfema. Paolo, insomma, “spirava minacce e stragi contro i discepoli del Signore” (At 9, 1). Mosso dal rispetto della Legge, crede fermamente nella sua missione.
In questa prima parte, tutti le azioni vedono Saulo agire “da solo”, in totale autonomia: lui approva l’uccisione, lui entra nelle case, lui va dal sommo sacerdote per ottenere un mandato di cattura per i cristiani a Damasco. Dopo la folgorazione sulla via di Damasco, cambia la prospettiva. Arriva il momento di crisi, l’inizio della conversione. Saulo non capisce, perde la vista ovvero perde tutta la certezza sulla quale aveva basato il suo agire, non riconosce più la strada. Questo è il vero incontro con Cristo: chi ha avuto una vera conversione, sa che per prima cosa il cuore resta turbato nel senso buono perché l’incontro con Gesù ti cambia alla radice. Paolo è solo ma adesso non sa più cosa fare. E gli Atti ce lo fanno notare con piccoli dettagli: viene condotto per mano a Damasco dai suoi compagni di viaggio cioè viene sostenuto nella cecità e portato al sicuro. A Damasco, Paolo sperimenta per la prima volta l’importanza di una guida spirituale. Accorre in suo soccorso Anania, avvisato in sogno di aiutare il giovane fariseo. È interessante perché, come dicono gli Atti, Anania resta basito dalla richiesta di soccorso da parte di Cristo verso il suo più accanito persecutore. Gesù risponde: “Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome” (At 9, 16). Ma seguire Gesù richiede sofferenza quindi? Perché, ancora oggi, un uomo o una donna dovrebbero diventare cristiani se la prospettiva di vita appare così cupa?
Paolo avrebbe sofferto tanto per il Vangelo, affrontato persecuzioni, naufragi, tradimenti e prigionie. Ma la sofferenza a cui allude il Signore ad Anania è la conseguenza diretta dell’amore vero: chi ama una persona, sa che spesso amare richiede sacrificio, pazienza, attenzione, perdono e misericordia. Sa che, se tutto va sempre a gonfie vele, il rapporto non entra ancora in una fase più intima e profonda. Questa è la vera conversione di Paolo. Un uomo che agiva per il rispetto della Legge e che, d’un tratto, si vede scivolare le certezze della vita e capisce che, se prima aveva usato la mente, ora la via perfetta è usare il cuore per amare Dio e, di conseguenza, il prossimo. L’esperienza così forte vissuta sulla via per Damasco non si comprende senza vedere la sofferenza che avrebbe vissuto Paolo nel mettersi in discussione fino in fondo, desistere dai suoi progetti per abbracciare un piano più grande ma completamente sconosciuto. Saulo (Saul in ebraico) diventa progressivamente Paolo ed inizia a vivere il Vangelo sulla sua pelle, confrontandosi con gli apostoli e lasciandosi consigliare da loro.
Una conversione ha sempre bisogno di un confronto con una guida spirituale al fine di poter maturare e generare frutti di vita nuova. Io ricordo ancora il giorno in cui incontri Cristo, nel novembre 2017. Ma posso dire che ci vollero diversi mesi di discernimento, confronto con un padre spirituale, comunione con diversi amici nella fede prima di poter dire a me stesso di essere convintamente cristiano. Paolo indaga, scruta, prega, digiuna e predica il Vangelo. Le sue lettere restano le più belle testimonianze delle origini cristiane, una fonte inestinguibile di carità, fede e speranza verso Dio Padre. Come Paolo fu accolto da Anania, ascoltato dagli apostoli grazie all’intercessione di Barnaba e guidato dallo Spirito Santo ad annunciare la Parola nel Mediterraneo, così, giunto al termine della vita, capiva che quella sofferenza preannunciata da Cristo ad Anania non era dolore ma amore gratuito da lasciare in eredità agli uomini. Infatti, nella Seconda Lettera a Timoteo, si comprende la maturazione della conversione di Paolo che osserva la nuova meta della sua vita:
“Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero” (2 Tim 4, 6-8)
Emanuele Giuseppe Di Nardo
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