Categories:

Il discernimento, il dono di essere figli liberi e amati (pt. 5)

Per comprendere ciò che Dio vuole dirci occorre imparare il suo linguaggio affettivo. 

Dio utilizza, in particolare, due strumenti: la desolazione e la consolazione.

Se stiamo combattendo per abbandonare ciò che è male, incamminandoci verso la libertà di figli amati, Dio ci rafforzerà nell’intento consolandoci, donandoci cioè “coraggio e gioia, forza e lucidità, pace e fiducia – tutto è possibile e facile! Anche il peso del male, fatto o subito, non è più un muro insormontabile, ma una spinta a uscire verso la libertà’’[1].

Se, diversamente, ci stiamo inerpicando sua una via di perdizione, Dio agirà suscitando in noi un senso di rimorso che è simile a un allarme che ci indica che stiamo sbagliando strada e che finiremo con il distruggerci. Proprio per questo motivo la desolazione non è un male, ma un bene che ci pone all’erta. “San Tommaso definisce la tristezza un dolore dellanima: come i nervi per il corpo, essa ridesta lattenzione di fronte a un possibile pericolo, o a un bene disatteso (cfr Summa Th. I-II, q. 36, a. 1). Per questo, essa è indispensabile per la nostra salute, ci protegge perché non facciamo del male a noi stessi e ad altri. Sarebbe molto più grave e pericoloso non avvertire questo sentimento e andare avanti. La tristezza alle volte lavora come semaforo: Fermati, fermati! È rosso, qui. Fermati[2].

Naturalmente, nel nostro cammino di salvezza non solo Dio combatte con noi per ridonarci la libertà, ma anche il nemico combatte contro di noi per ricondurci alla schiavitù, con atteggiamento del tutto antitetico rispetto a quello assunto da Dio.

Perciò se siamo sulla via della perdizione, il maligno ci adescherà con il piacere, non ostacolandoci ma dandoci l’impressione di una pace apparente. Se, diversamente, stiamo abbandonando la via della perdizione il maligno ci ostacolerà in tutti i modi, soprattutto con due tentazioni.

La prima: “Il nemico rattrista e appesantisce il cuore con difficoltà immaginarie, per distogliere dal buon proposito’’[3], ti fa fossilizzare sulle difficoltà pietrificandoti con la paura. La conseguenza di quest’arma utilizzata dal maligno è la stasi: rimani bloccato lì dove sei, senza poter progredire nel bene.

La seconda: l’atteggiamento critico in grado di scovare il male in sé stessi e negli altri. Tale strumento più che segno di grande acutezza spirituale in realtà è frutto di acidità e di malevolenza.

[…] la tentazione non è peccato: è per sé occasione di crescita, non di caduta’’[4] e per imparare a sfruttare a nostro vantaggio le tentazioni, per uscirne rafforzati a livello umano e spirituale, possiamo guardare a Gesù che “respinge le tentazioni con un atteggiamento di ferma risolutezza (cfr Mt 3,14-15; 4,1-11; 16,21-23). Le situazioni di prova gli giungono da varie parti, ma sempre, trovando in Lui questa fermezza, decisa a compiere la volontà del Padre, vengono meno e cessano di ostacolare il cammino’’[5].

La desolazione, oltre a essere un ottimo campanello d’allarme sulla bontà o meno della strada che stiamo intraprendendo, è “anche un invito alla gratuità, a non agire sempre e solo in vista di una gratificazione emotiva. Essere desolati ci offre la possibilità di crescere, di iniziare una relazione più matura, più bella, con il Signore e con le persone care, una relazione che non si riduca a un mero scambio di dare e avere […] Potrebbe sembrare strano, irreale, chiedere al Signore: Come stai?”. E invece è una maniera molto bella di entrare in una relazione vera, sincera, con la sua umanità, con la sua sofferenza, anche con la sua singolare solitudine. Con Lui, con il Signore, che ha voluto condividere fino in fondo la sua vita con noi.

Ci fa tanto bene imparare a stare con Lui, a stare con il Signore senza altro scopo, esattamente come ci succede con le persone a cui vogliamo bene: desideriamo conoscerle sempre più, perché è bello stare con loro’’[6].

Possiamo definire la consolazione come “[…]esperienza di gioia interiore, che consente di vedere la presenza di Dio in tutte le cose; essa rafforza la fede e la speranza, e anche la capacità di fare il bene. La persona che vive la consolazione non si arrende di fronte alle difficoltà, perché sperimenta una pace più forte della prova. […] La consolazione è un movimento intimo, che tocca il profondo di noi stessi. Non è appariscente ma è soave, delicata, come una goccia dacqua su una spugna (cfr S. Ignazio di L., Esercizi spirituali, 335): la persona si sente avvolta dalla presenza di Dio, in una maniera sempre rispettosa della propria libertà. Non è mai qualcosa di stonato che cerca di forzare la nostra volontà, non è neppure uneuforia passeggera: al contrario, come abbiamo visto, anche il dolore – ad esempio per i propri peccati – può diventare motivo di consolazione’’[7].

Tuttavia, il maligno agisce anche in questo caso per confonderci. Così come esiste la consolazione vera, ne esistono tante imitazioni.

Le false consolazioni sono “più rumorose e appariscenti, sono puro entusiasmo, sono fuochi di paglia, senza consistenza, portano a ripiegarsi su sé stessi, e a non curarsi degli altri. La falsa consolazione alla fine ci lascia vuoti, lontani dal centro della nostra esistenza’’[8].

Inoltre, la ricerca della consolazione fine a sé stessa può diventare un pericolo se ci dimentichiamo del Signore. 

Per distinguere una consolazione che viene da Dio da quella che viene dal maligno è utile un consiglio di sant’Ignazio di Loyola “«Se nei pensieri tutto è buono – dice SantIgnazio – il principio, il mezzo e la fine, e se tutto è orientato verso il bene, questo è un segno dellangelo buono. Può darsi invece che nel corso dei pensieri si presenti qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona di quella che lanima prima si era proposta di fare, oppure qualche cosa che indebolisce lanima, la rende inquieta, la mette in agitazione e le toglie la pace, le toglie la tranquillità e la calma che aveva prima: questo allora è un chiaro segno che quei pensieri provengono dallo spirito cattivo» (n. 333)’’[9].

Esempi concreti per comprendere se il principio, il mezzo e il fine di un’azione sono ispirati dal bene sono i seguenti:

  •  principio buono: “Ad esempio ho il pensiero di pregare, e noto che si accompagna ad affetto verso il Signore e il prossimo, invita a compiere gesti di generosità, di carità: è un principio buono. Può invece accadere che quel pensiero sorga per evitare un lavoro o un incarico che mi è stato affidato: ogni volta che devo lavare i piatti o pulire la casa, mi viene una grande voglia di mettermi a pregare!’’[10];
  • mezzo buono: “il mezzo, vale a dire ciò che viene dopo, ciò che segue quel pensiero. Rimanendo nellesempio precedente, se comincio a pregare e, come fa il fariseo della parabola (cfr Lc 18,9-14), tendo a compiacermi di me stesso e a disprezzare gli altri, magari con animo risentito e acido, allora questi sono segni che lo spirito cattivo ha usato quel pensiero come chiave di accesso per entrare nel mio cuore e trasmettermi i suoi sentimenti’’[11];
  • fine buono: “può capitare che mi impegni a fondo per unopera bella e meritevole, ma questo mi spinge a non pregare più, perché sono indaffarato da tante cose, mi scopro sempre più aggressivo e incattivito, ritengo che tutto dipenda da me, fino a perdere fiducia in Dio. Qui evidentemente c’è lazione dello spirito cattivo’’[12].

Lo stile del nemico è uno stile subdolo: il maligno utilizza le password delle nostre debolezze per insinuarsi in modo invisibile in noi, per poi sferrare l’attacco per far perdere la nostra anima. 

Stiamo all’erta, se possibile soffermiamoci la sera a rileggere la nostra giornata con la grazia di Dio, anche solo un paio di minuti, indaghiamo come sta il nostro cuore, come ha vissuto tutti gli eventi della giornata e agiamo di conseguenza per unirci sempre più a Dio nel nostro cammino di salvezza. 

Francesca Amico


[1] S. FAUSTI, Occasione o tentazione? Scuola pratica per discernere e decidere, Milano, Ancora Editrice, 1997, pag. 78.

[2] PAPA FRANCESCO, Catechesi sul discernimento. Catechesi di Papa Francesco dal 31 agosto 2022 al 4 gennaio 2023, pagg. 22,23.

[3] S. FAUSTI, Occasione o tentazione? Scuola pratica per discernere e decidere, Milano, Ancora Editrice, 1997, pag. 78.

[4] ibidem.

[5] PAPA FRANCESCO, Catechesi sul discernimento. Catechesi di Papa Francesco dal 31 agosto 2022 al 4 gennaio 2023, pag. 23.

[6] ivi, pag. 26.

[7] ivi, pag. 27.

[8] ivi, pag. 28.

[9] ivi, pag. 30.

[10] ibidem.

[11] ibidem.

[12] ivi, pag. 31

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *