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Il discernimento, il dono di essere figli liberi e amati (pt.2)

Abbiamo visto che ogni minima scelta che compiamo ogni giorno contribuisce a scrivere una parola in più del romanzo della nostra vita. Ogni singola scelta è importante e perché sia presa nei migliori dei modi occorre approfondire quattro aspetti fondamentali del discernimento: la preghiera, la conoscenza di sé, i desideri e il libro della propria vita.

Iniziamo oggi a trattare della preghiera.

Preghiera

Papa Francesco chiarisce che “la vera preghiera è questa spontaneità e affetto con il Signore. Questa familiarità vince la paura o il dubbio che la sua volontà non sia per il nostro bene, una tentazione che a volte attraversa i nostri pensieri e rende il cuore inquieto e incerto o amaro […] Stare in preghiera non significa dire parole, parole, no; stare in preghiera significa aprire il cuore a Gesù, avvicinarsi a Gesù, lasciare che Gesù entri nel mio cuore e ci faccia sentire la sua presenza. E lì possiamo discernere quando è Gesù e quando siamo noi con i nostri pensieri, tante volte lontani da quello che vuole Gesù’’[1].

Il discernimento non è una bacchetta magica attraverso cui capiamo con certezza la giusta scelta da fare, semplicemente per due ragioni: il discernimento pone le sue radici sulla vita che di sua natura spesso non è logica (non perché non lo sia ma perché il nostro sguardo non è quello di Dio: il nostro è uno sguardo parziale che non può abbracciare tutta la realtà complessivamente considerata) e per il fatto che sulle decisioni incide il nostro cuore che è spesso affaticato da numerosi ostacoli. Su tale aspetto rileva che “il primo miracolo compiuto da Gesù nel Vangelo di Marco sia un esorcismo (cfr 1,21-28). Nella sinagoga di Cafarnao libera un uomo dal demonio, liberandolo dalla falsa immagine di Dio che Satana suggerisce fin dalle origini: quella di un Dio che non vuole la nostra felicità. Lindemoniato, di quel brano di Vangelo, sa che Gesù è ma questo non lo porta a credere in Lui. Dice infatti: «Sei venuto a rovinarci» (v. 24)’’[2].

Questa è una delle grandi strategie del demonio per separarci dall’Amore: instillare in noi il dubbio che Dio davvero sia buono (ha impedito ad Adamo ed Eva di mangiare un frutto buonissimo, ha inviato suo figlio a morire sulla croce, consente che molte vittime innocenti siano trucidate…come può essere buono questo Dio? Come può definirsi Padre?). 

Da questa mancanza di fiducia nella sua bontà deriva la nostra mancanza di fiducia nel fatto che Dio ci desideri felici, ma solo figli castrati chiamati a mortificare i nostri desideri. 

Tutto questo non è vero! 

Invece […] il segno dellincontro con il Signore è la gioia. Quando incontro il Signore nella preghiera, divento gioioso. Ognuno di noi diventa gioioso, una cosa bella. La tristezza, o la paura, sono invece segni di lontananza da Dio’’[3].

Gesù invita il giovane ricco ad abbandonare tutto e a seguirlo, ma egli torna indietro rattristato perché “Era un giovane interessato, intraprendente, aveva preso liniziativa di incontrare Gesù, ma era anche molto diviso negli affetti, per lui le ricchezze erano troppo importanti. Gesù non lo costringe a decidersi, ma il testo nota che il giovane si allontana da Gesù «triste» (v. 22). Chi si allontana dal Signore non è mai contento, pur avendo a propria disposizione una grande abbondanza di beni e possibilità. Gesù mai costringe a seguirlo, mai. Gesù ti fa sapere la sua volontà, con tanto cuore ti fa sapere le cose ma ti lascia libero. E questa è la cosa più bella della preghiera con Gesù: la libertà che Lui ci lascia’’[4].

Papa Francesco ci ricorda che “discernere cosa succede dentro di noi non è facile, perché le apparenze ingannano, ma la familiarità con Dio può sciogliere in modo soave dubbi e timori, rendendo la nostra vita sempre più ricettiva alla sua «luce gentile», secondo la bella espressione di San John Henry Newman. I santi brillano di luce riflessa e mostrano nei semplici gesti della loro giornata la presenza amorevole di Dio, che rende possibile limpossibile. […] Questo è il rapporto che dobbiamo avere nella preghiera: vicinanza, vicinanza affettiva, come fratelli, vicinanza con Gesù. Un sorriso, un semplice gesto e non recitare parole che non arrivano al cuore. Come dicevo, parlare con Gesù come un amico parla allaltro amico. È una grazia che dobbiamo chiedere gli uni per gli altri: vedere Gesù come il nostro amico, il nostro amico più grande, il nostro amico fedele, che non ricatta, soprattutto che non ci abbandona mai, anche quando noi ci allontaniamo da Lui. Lui rimane alla porta del cuore. No, io con te non voglio sapere nulla”, diciamo noi. E Lui rimane zitto, rimane lì a portata di mano, a portata di cuore perché Lui sempre è fedele’’[5].

Chiediamo il dono a Dio di insegnarci a pregare, non recitando preghiere, ma facendo silenzio dentro e fuori di noi per ascoltare la Parola di Dio che salva e che ci indica la via. 

E dopo aver ascoltato la Parola di Dio condividiamo con Lui ciò che viviamo, i sentimenti che proviamo, le emozioni che viviamo per costruire con Dio un’intimità sempre più profonda. È vero che Lui sa cosa noi viviamo, ma ci ama a tal punto di lasciarci la libertà di dire solo ciò che vogliamo. 

Buona intimità con Dio!

Francesca Amico


[1] PAPA FRANCESCO, Catechesi sul discernimento. Catechesi di Papa Francesco dal 31 agosto 2022 al 4 gennaio 2023, pag. 10.

[2] ibidem.

[3] ivi, pag. 11.

[4] ibidem.

[5] ibidem.

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