La chiamata di Matteo: un racconto scarno o che va dritto al punto?
Prova ad immaginare questa scena: sei anziano e stai raccontando ai tuoi nipoti o ai tuoi cari il momento più importante della tua vita; forse il momento in cui hai conosciuto tua moglie o tuo marito per la prima volta, forse il momento in cui hai capito la tua vocazione, forse il momento in cui hai finalmente trovato il lavoro dei tuoi sogni o quando è nato tuo figlio. Qualunque esso sia, immagina di raccontarlo. Sono convinto che lo riempiresti di dettagli. Una volta, ad esempio, un uomo mi raccontò della prima volta che aveva visto quella che poi diventò sua moglie. Un racconto che mi fece circa 40 anni dopo quell’evento, e lo riempì così tanto di particolari che mi sembrava di essere li con loro. Era veramente bello starlo ad ascoltare, in ogni dettaglio, in ogni ricordo trasmetteva l’amore che provava per sua moglie. E sono convinto che tutti noi faremmo la stessa cosa un domani, con un racconto vivido e colorito di dettagli.
Ma ora prova ad immaginare questo: un signore avanti negli anni ti racconta della prima volta in cui ha visto sua moglie; tu gli chiedi tutto interessato com’è stato e lui ti risponde: “guarda, stavo lavorando, arriva sta ragazza e mi dice ‘seguimi’”. Allora tu presissimo gli chiedi cosa sia successo dopo e lui ti risponde “se semo andati a magnà na pizza”. Penso che riusciresti a sentire il rumore di vetri infranti che si rompono. Volevi un racconto bello, appassionato, e invece manco un dettaglio, nemmeno un racconto di come si è sentita questa persona. Nulla.
Questo esempio, a ben guardare, non si discosta molto dalla chiamata di Matteo che oggi leggiamo nel vangelo (Mt 9, 9-13). Matteo è una persona che fa il meglio che può in un modo che tutti giudicano, perché fa un lavoro che è considerato da peccatore. E racchiude il momento più importante della sua vita in una semplice frase “Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”.
Matteo forse non aveva voglia di scrivere quel giorno, o forse non è stato un momento così importante per lui. Ma c’è anche un’altra possibilità che possiamo valutare. Ci ha detto la cosa più importante, quello che ci serviva sapere. Gesù lo ha visto mentre lavorava e gli ha detto ‘seguimi’ e lui lo ha fatto. Si è messo a seguire Gesù e da allora non ha mai smesso.
Mi fa venire in mente quando mio nonno mi raccontò della prima volta che ha visto mia nonna. Non era di tante parole, ma si limitava a dire: “io ero nei campi del padre di tua nonna e lei era sul balcone della casa. L’ho vista e mi sono innamorato”.
A volte non servono tante parole, perché semplicemente non bastano a descrivere quello che è successo. Allora cerchiamo di trasmettere l’unica cosa importante che riusciamo a dire, l’unica cosa che ci ha colpito: “l’ho vista e mi sono innamorato” oppure “seguimi”.
Allora oggi Matteo ci porta proprio al centro del suo cuore e della sua esperienza, ma ci sta chiamando anche a fare un passo oltre. Ci sta raccontando di quello che è successo a lui perché anche noi possiamo farci toccare dalla sua esperienza e dal suo vissuto.
Matteo stava vivendo la sua vita, ogni giorno andava a fare il suo lavoro, aveva degli amici e delle persone che lo guardavano male, come tutti noi. Ma un giorno una voce, una persona lo ha chiamato, e da allora la sua vita è cambiata. E quella parola è rimasta il caposaldo della sua vita.
Allora, in questa settimana, ti invito a riflettere su qual è stata l’esperienza più importante della tua vita fin ora, e quale parola ha suscitato in te. Forse non serviranno tante parole per raccontarla, ma potresti trovarti a scoprire che stavi “obbedendo” ad una parola che ha reso migliore la tua vita senza rendertene conto.
Antonio Pio Facchino
È vero, oggi non è la festa di San Matteo, eppure questo articolo nasce da una riflessione sul vangelo che oggi la liturgia ci propone (Mt 9, 9-13).
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