Tante missioni, una sola vocazione!
La settimana scorsa Giorgio Armani, noto stilista italiano e, per gli amanti della pallacanestro come me, conosciuto anche per essere il proprietario dell’Olimpia Milano, ha ricevuto a Piacenza una laurea honoris causa in Global Business Management dall’Università Cattolica. Un riconoscimento prestigioso che si aggiunge a tanti altri ottenuti negli anni. Ma la cosa che mi ha colpito maggiormente è stato il discorso di ringraziamento. Verso la fine, Armani ha detto: “Essere qui mi ha obbligato a ricordare il percorso molto impegnativo che ho fatto, dimenticando molte volte me stesso. Allora dico ai giovani: lavorate, tenete duro ma non scordate che a casa avete il gatto, il cane, la mamma, la nonna o l’amante, perché poi andando avanti avrete bisogno di persone al fianco”.
Quest’ultimo passaggio è molto interessante perché sostanzialmente Armani, che ha dedicato la sua vita alla moda, pare distinguere il lavoro dagli affetti ovvero, più semplicemente, la missione dalla vocazione. Ammetto che, fino a qualche mese fa, anch’io tendevo a mischiare le cose senza avere una chiara idea. Fin quando ebbi un colloquio privato con l’arcivescovo della mia diocesi, S.E. Mons. Bruno Forte: ero andato a trovarlo per una questione accademica e, mentre si disquisiva amabilmente sulla bellezza di essere ricercatori cristiani nell’ambito universitario, il vescovo mi disse: “Emanuele, fare ricerca quasi sicuramente è la missione che ti è stata affidata da Dio. Ma, invece, qual è la tua vocazione? Il tuo cuore è chiamato ad amare, a spendersi totalmente per Qualcuno ovvero Gesù in varie forme e modi: attraverso il matrimonio o il sacerdozio. Noi sacerdoti, ad esempio, siamo chiamati a donare tutta la nostra vita a Dio ed è solo quella la chiamata vocazionale, tutto il resto è missione. Allo stesso modo una coppia di giovani sposi ha accolto la vocazione matrimoniale e niente sarà più forte di quella. Il lavoro, per quanto gratificante, è una missione ma non può appagare quel desiderio di consegna”.
Senza fare inutili paragoni, in sostanza le parole del vescovo e di Armani, seppur diverse, nascondono la stessa luce: è l’amore ciò che trasforma la nostra vita. Per me quell’amore porta il nome di Cristo perché, dopo averlo conosciuto, tutto è cambiato. Ed è bello vedere come esso si declini nella vita di tutti. Ho dei carissimi amici che hanno risposto a quella chiamata nel sacerdozio o nella vita religiosa e mi parlano della bellezza di mettere Gesù al centro del proprio cuore proprio come alcuni fratelli che da pochi mesi si sono sposati e vivono il matrimonio con gioia. Forme diverse ma la stessa sostanza: Gesù. In particolare, un amico che tra pochi giorni si sposerà, mi ha detto una sera: “Non vedo l’ora che arrivi il giorno del matrimonio ma so già che, per quanto ami la mia ragazza, l’amore di Dio è un’altra cosa. Proprio perché ho messo Dio al centro, so che posso donare la mia vita a lei perché per lei è la stessa identica cosa”.
Alle volte, però, c’è una sfida che accompagna i nostri giorni e che mette a rischio anche le fondamenta più stabili: il lavoro. Fin quando sappiamo di star facendo un lavoro temporaneo e che non ci gratifica pienamente, possiamo temporeggiare. Ma, non appena abbiamo chiarezza su quale sia la nostra missione e su quale lavoro vogliamo davvero svolgere con gioia e pienezza, ecco che il rischio è quello di confondere appunto la missione con la vocazione. Un lavoro potrebbe mandarci lontani, costringerci a delle scelte difficili, a mettere tutto in secondo piano. Intaccando soprattutto le relazioni.
Ed è in momenti come questi, davanti a bivi strani nei quali ci sentiamo smarriti perché non vediamo oltre la siepe, che ci viene in soccorso la Parola di Dio. Qualche giorno fa, nella liturgia delle ore, i vespri presentavano un passaggio illuminante del Salmo 33 nel quale Dio tranquillizza il suo fedele con queste parole: “Ti farò saggio / t’indicherò la via da seguire / con gli occhi su di te, ti darò consiglio / Non siate come il cavallo o il mulo privi d’intelligenza; / si piega la loro fierezza con morso e briglie / se no, a te non si avvicinano. / Molti saranno i dolori dell’empio / ma la grazia circonda chi confida nel Signore”.
Non so a te ma a me questo salmo dona molta pace perché gli occhi di Dio vedono ciò che si cela al mio sguardo e, a tempo opportuno, mi farà saggio per scegliere la via migliore. Forse in questo tempo senti che sei giunto ad un bivio della tua vita e sai che sei prossimo ad una decisione che potrebbe aprire un nuovo capitolo. Forse sta accadendo qualcosa d’inaspettato nelle tue giornate, qualcosa che mai avresti ritenuto possibile fino a pochi mesi fa. Forse senti che adesso la scelta si fa più ardua perché quella vocazione tanto attesa si sta palesando ma, per abbracciarla, occorre fare qualche scelta importante o dolorosa. Bene, fratello: non temere. “La grazia circonda chi confida nel Signore”. Accogli tutto ciò che sta accadendo nella tua vita: una persona che ti piace, una proposta di lavoro inaspettata, un fallimento, un tradimento. Qualsiasi cosa sia, ricorda sempre che il Signore t’indicherà la via migliore a tempo opportuno. Gli stolti sono quelli che vivono solo di pancia e non meditano. I saggi sono quelli che scrutano l’orizzonte e si lasciano guidare dalla mappa.
In questa settimana, allora, t’invito a riflettere su questi punti: qual è la tua missione? La conosci già? Qual è invece la tua vocazione? Se l’hai già abbracciata, è un’ottima occasione per riscoprirne la bellezza? Se invece non la conosci ancora, chiedi a Dio di rendere il tuo cuore saggio per capire quale grande progetto d’amore si possa realizzare in te. Una volta fatto questo esame, inizia a vivere la tua giornata con grande abbandono, accogliendo ciò che ti capita e cogliendo la bellezza dei singoli momenti. Forse sentirai il tuo cuore sussultare durante qualche momento spirituale o non appena vedi l’uomo/la donna che ti piace. Lasciati sconvolgere dall’amore di Cristo e troverai la tua via!
Emanuele Giuseppe Di Nardo
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