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Cell – La ricerca della perfezione

Proseguiamo il nostro viaggio sul cristianesimo in Dragon-Ball parlando di un personaggio iconico nella storia dei cattivi di questa saga: Cell. 

Tutti ricordiamo la sua storia. Creato in laboratorio dal Dott. Gelo con il fine di vendicare l’organizzazione del Fiocco Rosso distruggendo Goku, Cell si presenta come una specie di insetto umanoide. Da principio non è abbastanza forte, quindi ha bisogno di assorbire l’energia vitale dei cittadini della terra. Ma, per diventare abbastanza forte da sconfiggere Goku, avrà bisogno di assorbire C-18 e C-17, gli androidi creati sempre dal Dott. Gelo. 

Fin qui nulla di strano. Nonostante qualche difficoltà, Cell riesce ad assorbire entrambi gli androidi, diventando così l’essere perfetto (o almeno così si definisce lui stesso).

Ed è proprio in questo momento che le cose cambiano. Giunto alla sua forma finale, Cell non ha più il minimo interesse a vendicare il Fiocco Rosso o a compiere la missione affidatagli. Inizia invece a bearsi della sua spessa perfezione. Ma questo non gli basta, perché di fondo la perfezione non ha senso se non è accompagnata dall’ammirazione da parte degli altri. Quindi decide di organizzare un torneo con i più forti guerrieri della terra, per il semplice motivo che vuole mostrare agli altri, appunto, la sua perfezione. 

E’ chiamato narcisismo[1], definito come un conflitto interno tra un’identità grandiosa e un’insicurezza sottostante[2]. È caratterizzato dall’esibizione di sé, da un senso di diritto e da un’altissima valutazione delle proprie capacità e risultati[3]

Cell di fondo è questo, un narcisista, qualcuno che vuole far assistere gli altri allo spettacolo di se stesso. Ma è curioso il fatto che il narcisismo, spesso, nasca da un’insicurezza sottostante. Proprio come Cell, inizialmente troppo debole per compiere la sua missione, porta in sé quel germe di insicurezza sulle proprie capacità. E quando crede di aver superato tutti i suoi limiti, non gli basta esserne consapevole, deve dimostrarlo. Forse perché, spesso, quella fragilità rimane e per sconfiggerla abbiamo bisogno di dimostrare agli altri il nostro talento per dimostrarlo a noi stessi. Il punto fondamentale, però, è che nessuna prova basta mai. Non importa a quanti dimostriamo la nostra presunta perfezione, quella fragilità sarà sempre li a dirci che non siamo abbastanza. Se Cell avesse sconfitto Goku e Gohan, probabilmente avrebbe cercato un nuovo nemico da sfidare. Perché la fame di riconoscimento non si può saziare mai con la dimostrazione delle nostre capacità. 

E non è un caso che Cell, per diventare l’essere perfetto, debba assorbire gli altri. Semplicemente perché la nostra fame di ego porta a esaurire gli altri, a sminuirli, a ridurli a nulla in confronto a noi che siamo pieni di talento. Perché, molte volte, tendiamo a pensare che l’unico modo per valorizzare qualcosa sia metterla a confronto con altro e sminuire l’altro. 

Non diversamente da Cell, anche noi molte volte abbiamo dei tratti narcisisti. Attenzione, in psicologia il narcisismo non è un male di per sé, perché corrisponde all’avere un sano amore per sé stessi. La questione nasce quando quel sano amore per noi stessi diventa eccesso a scapito di tutto il resto. Quante volte anche noi vogliamo, come Cell, diventare l’essere perfetto. Proprio in quei casi, ci possiamo accorgere che abbiamo uno spasmodico bisogno di apparire, vogliamo essere visti. Vogliamo che ci dicano quanto siamo stati belli o bravi. E spesso ci vantiamo grandemente a scapito degli altri. Quello che vogliamo, infondo, è essere contemplati. E per farlo, prosciughiamo gli altri, li assorbiamo trascinandoli in quel palcoscenico che abbiamo costruito per esibire la nostra vita. 

Ma se ci prendiamo un momento per guardarci dentro, potremmo anche scoprire che quel bisogno potrebbe nascere dal tentativo di sanare una ferità interiore, una ferita che non ci fa sentire a posto con noi stessi. 

La grazia è che c’è una medicina per sanare quella ferita, che non è l’ammirazione. La ferita della fragilità e dell’insicurezza, infatti, non si sana cercando di diventare perfetti per farsi ammirare dagli altri. Cell ce lo insegna, quella strada conduce infine alla distruzione. Perché il punto è questo, volente o nolente non saremo mai perfetti come lo desideriamo. Ci sarà sempre qualcosa che non va. Perché la perfezione è irraggiungibile. 

La vera medicina, invece, è l’amore. È quell’amore gratuito che accoglie non i nostri talenti, ma proprio quelle fragilità, quelle insicurezze, quel lato di noi che stiamo ben attenti a non mostrare mai in pubblico. Il punto è che le persone possono ammirarci per i nostri talenti, ma l’amore si gioca sul piano delle fragilità. È per le fragilità che le persone ci amano e possono guarire le nostre ferite. 

Allora, in questa settimana, ti invito a provare a lasciarti amare non per i tuoi talenti e per le tue capacità, ma proprio nelle tue ferite. Consegnale a qualcuno che ritieni vicino, mostragli il tuo lato debole e lasciati accogliere in quello. E, se te la senti, prova a farlo anche in preghiera. Prenditi un momento per essere onesto con Gesù e mostrargli il tuo lato vulnerabile. 

Li si gioca l’amore, nelle tue fragilità, li puoi sentirti amato davvero. 

Antonio Pio Facchino


[1] N.B. In questo articolo facciamo riferimento al narcisismo come tratto di personalità, non al Disturbo Narcisistico di Personalità

[2] Jones, D. N., & Paulhus, D. L. (2014). Introducing the short Dark Triad (SD3): a brief measure of dark personality traits. Assessment, 21(1), 28–41.

[3] Blötner, C., Ziegler, M., Wehner, C., Back, M.D., & Grosx, M.P. (2021). The Nomological Network of the Short Dark Tetrad Scale (SD4). European Journal of Psychological Assessment, 38(3), 237

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