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Lavorare e lavorare bene

Il 1° maggio ricorre la Festa di San Giuseppe lavoratore, conosciuta anche come la Festa dei Lavoratori, un giorno in cui ricordare le varie lotte che, nei secoli scorsi, hanno caratterizzato la scena internazionale e ci hanno portato da condizioni di lavoro quasi schiavili, in alcuni casi, a condizioni “umane”, sia dal punto di vista della quantità del lavoro che della qualità.

Pur senza arrivare ad una situazione perfetta o ideale (soprattutto per i giovani la situazione attuale del mercato del lavoro è decisamente precaria) sono stati fatti passi in avanti nella direzione di un lavoro più a “dimensione d’uomo”, sostenibile cioè dal lavoratore.

Quantità del lavoro (le famose otto ore giornaliere) e la qualità del lavoro (sicurezza e tutele in primis) sono fattori esterni, su cui si è lavorato molto e che sono ancora migliorabili.

Quello su cui ci interroghiamo oggi, però, riguarda i fattori interni, e cioè: come posso io, lavoratore del 2023, vivere il mio lavoro? Cosa posso fare perché il mio lavoro, parte importante della mia vita, possa essere luminoso? Ed anche: come posso conciliare la mia vita lavorativa con la mia vita di fede?

Sgombriamo il campo da una tentazione che a volte ci può assalire: il lavoro è una benedizione, sempre. Il lavoro è ciò che ci permette di mettere a frutto i nostri talenti, i nostri doni, è ciò che ci permette di sostenere la nostra famiglia, è ciò che ci permette di essere utili al prossimo ed alla società. Ed è anche una cosa che ci rende simili a Dio: la Bibbia si apre con il racconto della creazione, cioè con Dio che lavora, che crea; anche noi, con il nostro impegno, siamo chiamati a creare, a continuare la creazione, a seconda del nostro talento specifico e del nostro impiego. Nessun lavoro è “inutile” o di secondo piano: come nella creazione perfino un piccolo fiore, che è infinitamente piccolo rispetto alla maestà del sole, dà gloria a Dio, così anche la nostra occupazione più piccola ha, ai suoi occhi, grandissimo valore.

Si può lavorare, quindi, con una visione soprannaturale: il mio lavoro non è semplicemente una serie di attività, finalizzate ad un certo scopo e alla riscossione dello stipendio, no: con il lavoro posso dare gloria a Dio, che mi ha dato quei talenti affinché possano brillare in me, affinché io possa servirLo servendo gli altri, tutti, dai miei colleghi alle persone che in un modo o nell’altro mi sono affidate.

Dare gloria a Dio, certamente, ed offrire anche il mio lavoro per un’intenzione particolare. Non dobbiamo pensare che la vita lavorativa sia totalmente un’altra cosa rispetto alla preghiera: un’ora di lavoro offerta per una determinata persona o per una situazione che ci sta a cuore, è una preghiera altissima, che giunge al cuore di Dio. Quanto può cambiare la nostra visione del lavoro se associamo il lavoro alla preghiera!

Si può semplicemente dire: “Padre, ti offro quest’ultima ora di lavoro, quella in cui sono maggiormente stanco, per quella situazione difficile, che mi sta molto a cuore… Ti offro il mio lavoro e la mia stanchezza per questo”. Possiamo così trasformare il nostro lavoro, farlo sacro: ecco il significato vero della parola “sacrificio”.

Lavorare con una visione soprannaturale è fondamentale, e ci serve per orientare il lavoro verso il nostro fine ultimo, che è comunque Dio; possono esserci utili, però, dei piccoli consigli sul “come” lavorare in maniera soprannaturale, e cioè come “lavorare bene”.

Pensiamo ad una situazione molto comune: i disguidi con la burocrazia. Mille carte da riempire, mille e-mail da inviare… e poi scopriamo che, per colpa di un disguido in un ufficio, la nostra pratica non è andata a buon fine. Può essere un inconveniente tecnico, o umano: nel secondo caso, qualcuno ha lavorato, ma non ha lavorato “bene”. Oppure pensiamo ad una casa da costruire: mesi e mesi per essere realizzata, decine di operai e molti architetti ed ingegneri che lavorano tutti i giorni… Tutto dà l’idea che il lavoro sia ben fatto! Poi entri in casa e ti accorgi che.. il battiscopa è rotto, la presa di corrente non funziona bene, la porta non si chiude come dovrebbe… Anche in questo caso, il lavoro c’è, ma non è un buon lavoro.

Servono quindi degli accorgimenti per far sì che il nostro lavoro, opera che abbiamo visto essere qualcosa che ci fa somigliare a Dio, sia un lavoro ben fatto. Ecco alcuni consigli:

  • Un prerequisito fondamentale è quello di avere una buona preparazione. Il tempo dell’università o in generale della formazione è fondamentale per diventare poi dei lavoratori in gamba. Vivacchiare nello studio, accontentandosi del diciotto, può portare alla laurea, ma non ad essere un lavoratore capace e preparato. Quindi, bisogna allontanare la pigrizia e impegnarsi al massimo nello studio o nell’aggiornamento. Impegnarsi anche in quelle cose che meno ci piacciono o che ci sembrano difficili porterà la persona a superare i propri limiti ed essere, così, più pronta in futuro;
  • Lavorare con puntualità: non ritardare, cioè, gli impegni che ci si presentano davanti, ma affrontarli e, come abbiamo visto prima, offrirli. Procrastinare non serve a nulla, se non ad accumulare tante piccole o grandi cose da sbrigare. E anche il ritmo quotidiano influisce sulla performance lavorativa: se ho fatto molto tardi la sera prima, può darsi che la mattina successiva mi sveglierò con molta fatica o… arriverò in ritardo al lavoro. Essere attenti anche a questo aspetto può cambiare il nostro modo di lavorare, in meglio.
  • Lavorare con ordine: può essere utile fare un piccolo piano di lavoro, stilando una lista mentale o cartacea di cosa fare nel corso di quella giornata di lavoro. Non farsi prendere dalla frenesia, iniziando tante cose senza portarne a termine nessuna, ma iniziare e finire con ordine qualsiasi attività. Per fare questo, è opportuno che anche la nostra postazione di lavoro sia ordinata, e non sommersa da carte, fogli sparsi ecc. Se pensiamo alla creazione, Dio ha lavorato usando il criterio dell’ordine: prima il sole, poi le stelle, poi la terra, poi gli animali ed infine l’uomo. Tutto è stato svolto in maniera ordinata, nulla lasciato al caso.
  • Lavorare con intensità: per fare questo dobbiamo “semplicemente” evitare le distrazioni volontarie. Di questi tempi, distrarsi con il cellulare o con i social è quanto di più comune ci sia… A me capita molto spesso… Ma per fare un buon lavoro dobbiamo riuscire a resistere a questa distrazione, destinando il tempo dello svago ai momenti di pausa o di riposo. Mettere tutte le nostre potenzialità nell’attività che stiamo svolgendo renderà sicuramente più pieno e più efficace il nostro lavoro. Dare tutto in quello che stiamo facendo, come fa uno sportivo che vuole vincere la medaglia d’oro… potrà essere faticoso, ma la soddisfazione finale ci ripagherà dello sforzo.
  • Curare i dettagli: spesso la buona riuscita di un lavoro si nota dall’attenzione ai dettagli. Quanto ci rendono felici le piccole cose che qualcuno fa per noi, e che portano in sé l’attenzione al dettaglio. Un regalo è sempre un regalo, ma pensiamo se ci arriva con una carta tutta rovinata o un fiocco tutto stropicciato… Non è proprio lo stesso. O ripensiamo all’esempio della casa: se rimane una piccola macchia sul muro non succede nulla, eppure quella macchia ci disturba, va a rovinare in parte quel muro. Senza essere maniaci, possiamo però per quanto possibile essere attenti anche ai dettagli del nostro lavoro, cercando sempre il massimo.
  • Essere perseveranti: sfidare la propria stanchezza, le proprie giornate no, ed offrire sempre il miglior servizio possibile. Non è facile, e come per tutto il resto serve una buona dose di preghiera, ma la fedeltà in tempo di buio porterà ad un risultato ancora più grandioso in tempo di luce. 
  • Saper riposare: abbiamo parlato di come svolgere al meglio il proprio lavoro, ma nessun lavoro deve occupare la nostra giornata fino a toglierci il respiro. Bisogna cercare di fare il massimo nelle ore di lavoro, ma bisogna anche sapersi riposare, prendere cioè del tempo per ricaricare le batterie. Nessun lavoro che ci chieda un sacrificio troppo grande è in realtà un lavoro “giusto”. Passare quindi del tempo con la propria famiglia, praticare uno sport, ascoltare musica, uscire con i propri amici sono attività fondamentali, che non vanno affatto evitate, pensando che sacrificandole si lavorerà di più o meglio. Il riposo è fondamentale in qualsiasi attività, non può essere eliminato. E dunque dobbiamo darci una buona dose di riposo notturno, dormendo il giusto per essere riposati a sufficienza, e dobbiamo anche concedere alla nostra mente e al nostro corpo il giusto svago, la giusta ricarica. La preghiera, in questo caso, è un’ottima medicina per ristorarci.

Tutto quello che abbiamo visto sul lavoro è importante anche per fare apostolato: se vedessimo un nostro collega svogliato, che eseguisse il proprio lavoro con disattenzione e trascuratezza, riusciremmo a prenderlo come esempio? Oppure, ci fideremmo di un suo consiglio?

Lavorare bene è anche un modo per testimoniare agli altri la pienezza della vita cristiana ed essere così dei punti di riferimento per gli altri, avendo l’autorevolezza giusta. Come il Giuseppe della Bibbia, che passo dopo passo, grazie al suo umile lavoro di servitore, riuscì ad essere ben visto dal proprio padrone e ad arrivare ai vertici dello stato egiziano. Il tutto grazie al duro lavoro e alla fedeltà ai propri impegni.

Non dobbiamo lavorare per essere ammirati dagli uomini, questo no, ma possiamo offrire il meglio di noi stessi per testimoniare Cristo a chi non lo conosce. Il lavoro, quindi, poiché è l’attività più concreta che possiamo svolgere, è uno dei campi privilegiati per poter mettere in pratica la nostra fede. Ci aiuti San Giuseppe, esempio di lavoratore fedele e capace, ad essere dei buoni lavoratori, che rendano gloria a Dio e un buon servizio agli altri.

Francesco Simone

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