Come ben saprete la domenica appena trascorsa è la domenica dedicata alla Divina Misericordia come stabilito da san Giovanni Paolo II (tornato alla Casa del Padre nei primi vespri della domenica della Divina Misericordia) perché espressamente desiderato da Gesù, desiderio rivelato a suor Faustina Kowalska, missionaria della misericordia di Dio nel mondo.
La misericordia è il tratto predominante di Dio. Dio è misericordia.
Dio che “abita una luce inaccessibile’’ (1 Tim 6, 16) si è fatto presente nella nostra vita, ci ha donato la possibilità di vederlo attraverso il Figlio (perché “chi vede Me vede il Padre che mi ha mandato’’ Gv 12, 45) che ha incarnato la misericordia e il cui scopo della vita è stato permetterci di incontrare la misericordia di Dio.
Dio ci dimostra ogni giorno di come il mondo sia permeato di amore, di un “amore operante, l’amore che si rivolge all’uomo ed abbraccia tutto ciò che forma la sua umanità. Tale amore si fa particolarmente notare nel contatto con la sofferenza, l’ingiustizia, la povertà, a contatto con tutta la «condizione umana» storica, che in vari modi manifesta la limitatezza e la fragilità dell’uomo, sia fisica che morale’’[1]. È proprio nella nostra realtà quotidiana che possiamo fare esperienza dell’infinito amore misericordioso per ciascuno di noi.
Nella Bibbia vi sono alcune parabole che si focalizzano sulla misericordia di Dio, quali la parabola del figliol prodigo (Lc 15, 11-32), quella del buon Samaritano (Lc 10, 30-37), la parabola del servo spietato (Mt 18, 23-35), la parabola del buon pastore, che va in cerca della pecorella smarrita (Mt 18, 12-14; Lc 15, 3-7) oppure la parabola della donna che spazza la casa in cerca della dramma perduta (Lc 15, 8-10). “L’evangelista che tratta particolarmente questi temi nell’insegnamento di Cristo è Luca, il cui Vangelo ha meritato di essere chiamato «il Vangelo della misericordia»’’[2].
Una delle caratteristiche della parabola del Figliol Prodigo è che in essa non si cita mai il termine misericordia, ma è proprio in questa parabola che limpidamente emerge perché in essa è possibile “comprendere più pienamente il mistero stesso della misericordia, quale dramma profondo che si svolge tra l’amore del padre e la prodigalità e il peccato del figlio’’[3].
Il figlio guardava a sé solo nell’ottica materiale, ciò che riteneva essenziale era ottenere la sua porzione di patrimonio per poi abbandonare il padre e vivere da dissoluto. È la storia dell’ “uomo di tutti i tempi, cominciando da colui che per primo perdette l’eredità della grazia e della giustizia originaria […] La parabola tocca indirettamente ogni rottura dell’alleanza d’amore, ogni perdita della grazia, ogni peccato’’[4].
Ciò che realmente aveva perso il figlio non era tanto il patrimonio (che aveva una rilevanza secondaria), ma aveva perso la dignità di figlio. Egli, però, non vi aveva pensato nel momento in cui aveva chiesto la sua porzione di eredità, ma sembra non avervi pensato neanche dopo perché gli unici termini di paragone tra sé e i servi del padre erano stati il salario e il cibo in abbondanza con cui vivevano questi ultimi. Da tali parole emergeva un attaccamento radicale ai beni materiali, ma esso, nella parte più profonda dell’intimità del figlio, si traduceva nella consapevolezza di aver perso la dignità di figlio tanto da essere disposto a tornare dal padre, umiliandosi.
Il padre, tuttavia, non si è fermato alla giustizia che avrebbe dovuto portarlo a pretendere le scuse e l’umiliazione del figlio, ma è rimasto fedele alla sua paternità. “Il padre del figliol prodigo è fedele alla sua paternità, fedele a quell’amore che da sempre elargiva al proprio figlio. Tale fedeltà si esprime nella parabola non soltanto con la prontezza immediata nell’accoglierlo in casa, quando ritorna dopo aver sperperato il patrimonio: essa si esprime ancor più pienamente con quella gioia, con quella festosità così generosa nei confronti del dissipatore dopo il ritorno, che è tale da suscitare l’opposizione e l’invidia del fratello maggiore, il quale non si era mai allontanato dal padre e non ne aveva abbandonato la casa. […] quando il padre vide il figliol prodigo tornare a casa, «commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Egli agisce certamente sotto l’influsso di un profondo affetto, e così può essere spiegata anche la sua generosità verso il figlio, quella generosità che tanto indigna il fratello maggiore. Tuttavia, le cause di quella commozione vanno ricercate più in profondità. Ecco, il padre è consapevole che è stato salvato un bene fondamentale: il bene dell’umanità del suo figlio. Sebbene questi abbia sperperato il patrimonio, è però salva la sua umanità. Anzi, essa è stata in qualche modo ritrovata. Lo dicono le parole che il padre rivolge al figlio maggiore: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Nello stesso capitolo XV del Vangelo secondo Luca, leggiamo la parabola della pecora ritrovata, e successivamente la parabola della dramma ritrovata. Ogni volta vi è posta in rilievo la medesima gioia presente nel caso del figliol prodigo. La fedeltà del padre a se stesso è totalmente incentrata sull’umanità del figlio perduto, sulla sua dignità. Così si spiega soprattutto la gioiosa commozione al momento del suo ritorno a casa’’[5].
Di questo amore ci ama il nostro Dio che ancora oggi, ogni giorno, si fa pane spezzato per noi. Si rende fragilissimo sotto forma di pane (dove è totalmente umano e divino e dove è più sensibile, ancor più di noi perché a Dio è sconosciuto il peccato) per poterci salvare ancora, ogni giorno. Non ha paura di soffrire, di morire per amore tuo, mio; non ha paura di essere violato (nelle profanazioni che avvengono ogni giorno) per donarti vita nuova e vita in abbondanza.
Quando abbiamo la grazia di fare adorazione siamo trasformati dal suo amore, possiamo contemplarlo nella sua totale essenza divina e umana, nella Trinità perché è lì presente nelle tre persone riunite (Padre, Figlio e Spirito Santo)[6].
Vi propongo una sfida per questa settimana dedicata alla Divina Misericordia: prendetevi un momento durante questa settimana per adorare il Santissimo, per fare esperienza della sua eterna misericordia e, se volete, offrite quella vostra adorazione in riparazione di tutti gli oltraggi che sono perpetrati ai danni dell’Amore.
Francesca Amico
[1] GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Dives in misericordia, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 30.11.1980.
[2] ivi.
[3] ivi.
[4] ivi.
[5] ivi.
[6] SUOR EMMANUEL MAILLARD, Le grazie dell’Adorazione Eucaristica. È possibile ascoltare l’audio al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=P9VPk4RNrZ0.
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