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Befana o Epifania – Come il linguaggio influenza la nostra percezione del mondo

Nella prima metà del 900’, un ingegnere di nome Benjamin Whorf, che nel tempo libero studiava il linguaggio e l’antropologia, formulò una teoria che diverrà nota come “teoria della relatività linguistica”, secondo la quale, il linguaggio plasma la natura del pensiero. 

Le sue osservazioni si basarono sull’osservazione del linguaggio degli Inuit del Canada. La loro lingua ha molti termini diversi per indicare i fiocchi di neve congelati, mentre noi usiamo indifferenziatamente il termine “fiocchi di neve”. Whorf, quindi, pensò che gli Inuit, avendo così tanti termini a disposizione per indicare la neve, percepissero e considerassero quest’ultima in modo differente dagli altri popoli. 

Questa teoria venne inizialmente criticata (es. Rosch, 1973; Pinker, 1994), tuttavia, prove più recenti ne hanno supportato la validità. In particolare, uno studio di Boroditsky del 2001 ha mostrato come il linguaggio influenza il modo di pensare il tempo. In particolare, nella lingua inglese, si è solti dire, ad esempio “guardiamo avanti ad un futuro promettente” oppure “fare passi indietro”, riferendosi quindi ad una dimensione spaziale orizzontale  per indicare il tempo (avanti e dietro). Al contrario, coloro che parlano cinese mandarino descrivono spesso il tempo usando termini riferiti ad una dimensione spaziale verticale, riferendosi a eventi precedenti con “su” e ad eventi successivi con “giù”.  I ricercatori hanno dunque mostrato ai parlanti di entrambe le lingue una serie orizzontale e verticale di oggetti, chiedendo poi di formulare un giudizio riguardo il tempo (cosa veniva temporalmente prima secondo loro). I parlanti la lingua inglese erano più veloci nel formulare giudizi dopo aver visto una serie di oggetti orizzontali, mentre nel caso dei parlanti mandarino era vero il contrario. 

Questi ed altri esperimenti, supportano la teoria della relatività linguistica, ovvero, il linguaggio influenza il pensiero. 

Interessante, starai forse pensando, ma cosa c’entra tutto questo con la befana o con l’epifania? La risposta è presto data!

Oggi, infatti, a seconda del nostro credo, possiamo festeggiare la Befana, un’anziana signora, descritta anche piuttosto brutta, che consegna doni ai bambini, oppure l’Epifania, la visitazione dei Re Magi a Gesù Bambino, e la consegna dei famosi regali: oro, incenso e mirra.

Queste due differenti festività, in realtà hanno una matrice comune. Difatti, la Befana altro non è che una corruzione lessicale del termine Epifania. Due modi diversi, di definire uno stesso concetto, che hanno plasmato il nostro modo di pensare a questa festività.

E questa dualità, in realtà, riflette anche l’ambivalenza che abbiamo nel nostro comune modo di parlare. Difatti, l’anno è iniziato da soli 6 giorni, e già i social sono pieni di meme che mostrano come il 2023 sarà un anno orribile, un anno peggiore del 2022. In molti si lamentano prima ancora di scoprire che cosa riserverà loro quest’anno. Un grande messaggio di poca speranza nei confronti del nuovo anno che inizia, se non di disperazione. 

Ed ecco che ritorna la teoria della relatività linguistica. Se il linguaggio ha la capacità di influenzare il nostro modo di pensare, se iniziamo a parlare del 2023 come un anno orribile, come ci aspettiamo di viverlo?

Allora oggi abbiamo una scelta da fare per cominciare ufficialmente questo nuovo anno: possiamo decidere di viverlo festeggiando la Befana, ovvero come un qualcosa di molto brutto che può portare qualcosa di bello (a chi se lo merita), oppure come l’Epifania, ovvero come una apparizione, come una visita, come un dono e un miracolo. 

Il vangelo di oggi ci racconta che “Udito il re, i magi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono” (Mt 2, 1-12).

I magi non trovano niente di straordinario nella grotta, solo una mamma con il bambino, illuminati però dalla luce di una stella, e provarono una gioia grandissima, al punto da prostrarsi, adorare e offrire doni.

Anche noi abbiamo la possibilità di vivere questo anno, che forse non avrà niente di apparentemente straordinario, con una gioia grandissima, illuminati dalla stessa luce. Tutto ciò che dobbiamo fare è partire, metterci in cammino seguendo non una triste aspettativa su un anno terribile, ma seguendo una stella, una speranza, che porta con sé la gioia. 

Per farlo, ti invito a iniziare a plasmare il tuo pensiero partendo proprio dal tuo modo di parlare. Parla con parole di speranza e di gioia, e vedrai che la speranza e la gioia entreranno nel tuo cuore. Se fai fatica, prova a prenderti un momento per pregare, come hanno fatto i Magi. Consegna a Gesù le tue preoccupazioni, e fermati ad adorare. Vedrai che la Sua Grazia non tarderà ad arrivare. 

Antonio Pio Facchino

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