Categories:

Hulk, due lati di noi

Ci avviamo alla conclusione di questo ciclo di articoli a tema supereroi tra psicologia e fede. Siamo partiti da Thanos per poi affrontare vari eroi della squadra degli Avengers. Ma ce n’è uno che ancora non abbiamo affrontato, ovvero l’incredibile Hulk. 

Vi confesso che è uno dei personaggi di cui faccio più fatica a parlare, forse perché non lo trovo particolarmente stimolante, forse perché la Marvel a livello cinematografico ha avuto difficoltà a dare una linearità ed una coerenza alla sua storia, forse perché, semplicemente, non è tra i miei supereroi preferiti. 

Ma a discapito dei miei gusti personali, Hulk è un personaggio che può insegnarci veramente molto. Come sappiamo, Hulk è l’altra personalità di Bruce Banner, un biochimico e fisico nucleare che, mentre lavorava ad un progetto viene esposto ai raggi gamma per salvare la vita di un giovane che si era introdotto per scherzo in laboratorio. Bruce ne esce illeso, per poi trasformarsi n un mostruoso essere dalla pelle grigia, una mente infantile e una immane forza distruttiva che scatena immediatamente per poi tornare a essere un normale essere umano una volta calmato, ma ignaro di quello che il suo alter ego ha compiuto. Con il tempo la pelle del mostro diviene verde e le trasformazioni sono sempre più legate al livello di stress.

Nasce così Hulk! Chiaramente questa storia può essere ricondotta ad una versione fumettistica e fantastica del disturbo dissociativo di identità, ma non è quello che vogliamo esplorare oggi in questo contesto. Oggi, invece, vogliamo concentrarci su una domanda che Hulk pone a tutti noi con la sua esistenza: che me ne faccio della parte peggiore di me?

Difatti, tutti noi pensiamo di avere un lato buono, caratterizzato dai nostri aspetti migliori, i talenti, le virtù e i carismi, e un lato cattivo, che invece è definito dalle brutte azioni che compiamo, da ciò che facciamo che ferisce gli altri, dalle nostre superficialità, i nostri difetti e i nostri peccati. 

E sorge spontanea in tutti noi la domanda: da dove viene questa parte di me? È vero ho compiuto quell’azione brutta, ma da dove mi è uscita? Quello non sono io!

Un esempio pratico può essere rispondere male ai nostri genitori o alla nostra fidanzata, o a un nostro amico e chiederci subito dopo, o sentirci dire, che questo non è da noi. 

Non siamo molto diversi in questo senso da Bruce Banner e Hulk, cerchiamo di tenere fuori la nostra parte migliore e di allontanare quella peggiore. E anche il modo in cui lo facciamo spesso non è diverso da quello di Bruce. In particolare, lui sa che Hulk viene fuori a fare danni in momenti di forte stress e rabbia, quindi la tiene sempre sedata, al punto che, io credo, abbia più di un’ulcera. Ed è quello che dopotutto facciamo anche noi. Chi di noi, infatti, tira fuori il peggio di sé quando è felice? Nessuno si sveglia di buon umore e non vede l’ora di maltrattare il prossimo. Al contrario, la parte negativa di noi viene fuori nei momenti difficili, di stress, di rabbia, di tribolazione. E allo stesso modo, o esplodiamo diventando anche noi degli Hulk, oppure tratteniamo dentro le nostre emozioni e ci reprimiamo, dicendo poi continuamente male alla vita, alle persone e al mondo. L’effetto che otteniamo è lo stesso di Bruce Banner, il quale afferma che il suo segreto è di essere sempre arrabbiato. 

C’è però un’alternativa che Bruce imparerà nel corso della sua storia. Hulk non viene fuori solo quando è arrabbiato o stressato, viene fuori anche quando è in pericolo, quando è indifeso. Ed è vero, Hulk fa molti danni, ma è anche lo stesso che combatte contro nemici terribili per salvare le persone che gli stanno vicine. E’ quello che si mette in gioco per difendere. Ed è questo poi a renderlo un supereroe.

E anche noi, che cerchiamo di combattere la nostra parte peggiore, a volte possiamo renderci conto che quella stessa parte ci è utile per difenderci, per combattere buone battaglie, per difendere persone che ci stanno vicine. 

E’ il valore adattivo dell’aggressività, dal latino ad-gressior, ovvero andare vicino, andare verso. L’aggressività di fondo non è una cosa cattiva, ma ci spinge a muoverci verso l’altro, per ciò in cui crediamo e combattere per le cose a cui teniamo. E non è un lato cattivo di noi, è una parte che, quando lasciata libera può distruggere tutto ciò che ci sta intorno, ma, allo stesso modo, se “dominata” può aiutarci a prendere posizioni forti, a vincere battaglie e a difendere persone che amiamo. 

Come possiamo fare per vivere questa dimensione dell’aggressività allora? Prima di tutto accettarla. Sapere che parte di noi è anche la rabbia, o una parte che non ci piace in generale, ci aiuta a capire e a definire chi siamo. Una volta fatto questo, il secondo passo è accoglierla, abbracciarla e sapere che infondo c’è un Padre che ci ama e che reputa che andiamo bene così come siamo, anche quando noi non lo crediamo. E quello stesso Padre non ci dice che siamo sbagliati, ma ci chiama a scegliere il bene e a vivere il bene di quello che noi crediamo essere il lato peggiore di noi. 

In questa settimana, allora, sulla scia di Hulk, ti invito a chiederti: qual è il lato peggiore di me? Scrivilo e una volta riconosciuto, anche in preghiera se sei credente, chiediti: qual è il buono che posso ricavare da questa cosa che non mi piace di me? Potremmo scoprire che i nostri difetti in realtà riservano meraviglie.

Antonio Pio Facchino

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *