Il tuo amichevole Spider-Man di quartiere – E se fosse compito tuo?
“Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. È una frase che avremo sentito centinaia di volte, e che subito riconduciamo ad uno dei supereroi più amati in assoluto: Spider-Man.
Spider-Man, alias Peter Parker è certamente uno dei nostri supereroi preferiti (era anche il supereroe preferito di Stan Lee), ma in particolar modo, è il preferito dei bambini e degli adolescenti. Tutti vogliamo essere Spider-Man quando siamo in queste fasce d’età, mentre quando diventiamo grandi, Tony Stark e Thor iniziano ad assumere tutto un altro fascino.
La storia di Peter Parker la conosciamo tutti fin troppo bene, grazie ai numerosi adattamenti cinematografici fatti nel corso degli anni: viene morso da un ragno, fa pratica con i poteri, lo zio viene rapinato e ucciso, lui inizia a fare il vigilantes e finisce per diventare un supereroe. Molto lineare e semplice. Ma c’è un’altra parte della storia che viene poco messa in luce quando si parla dell’uomo ragno solitamente, se non nell’ultima versione dei film con Tom Holland: Peter Parker nasce come un grandissimo sfigato.
Thor nasce come il Dio del Tuono, Tony Stark si è laureato prima di iniziare a parlare; invece, Peter è il normalissimo studente standard del liceo. Studia, ha un amico nerd, ha una cotta per una ragazza che non se lo fila, e viene spesso preso in giro. Certo, ha una passione incredibile per la chimica ed è un genio in quella materia, ma da che mondo e mondo essere il piccolo chimico non è che sia l’arma migliore per diventare popolari.
E allora, se togliamo i superpoteri, anche Peter Parker può raccontarci qualcosa sulla nostra vita. Quante volte a noi può capitare di vedere persone che sono nate con doni e talenti incredibili, vivere nella virtuale certezza che non saremo mai come loro. Una canzone dei Coldplay “Something Just Like This” ha espresso bene questo concetto, quando dice: “Ho letto vecchi libri, le leggende, i miti, Achille e il suo oro, Ercole e i suoi poteri, Spiderman e il suo controllo, Batman con i suoi pugni. E chiaramente non mi vedo su quella lista”. Senza arrivare ai miti e ai fumetti, possiamo anche pensare a quel nostro amico che sembra avere la chiave del successo in tasca, quell’amico capace, che ci sa fare, pieno di doni e talenti, ammirato, dal futuro promettente, quello che certamente andrà avanti e farà strada. O ancora quello “figo” o quella “figa” della scuola, quelli inarrivabili insomma.
Quando ci misuriamo con loro, la sconfitta è assicurata. Non diversamente da un Peter Parker che si misura con Thor o Iron-Man.
Cosa cambia nella vita di Peter Parker? Ovviamente, la risposta che ci viene da dare è: quando viene morso da un ragno. Ma in realtà, a ben guardare, non è propriamente così. Perché certo, inizia a combattere il crimine, ma non è quello il momento in cui diventa il supereroe che conosciamo. Perché, anche se ha iniziato a combattere il crimine, dentro è ancora lo stesso ragazzo che si misura con i grandi e che, infondo, sa che non può vincere il paragone. E quindi, tutto ciò che fa è per sostanzialmente misurarsi con chi è più grande di lui, nella speranza un giorno di essere degno dei suoi poteri e di essere considerato all’altezza dei grandi.
Il differenziale, dunque, non lo fanno i poteri che acquisisce, ma una cosa molto più profonda: la scelta di prendere a cuore le persone che difende, la scelta di dare il meglio che può nel suo, nonostante i suoi limiti e le sue difficoltà. E questo lo possiamo vedere anzitutto dalla sua spiccata ironia. E un ragazzo che, in ogni momento della sua vita, sia da liceale che da dottorando, ha sempre paura del nemico che gli sta davanti, ma si mette in gioco ed usa l’ironia come strategia di difesa per fronteggiare la paura. E ancora, non è un caso che, ogni volta che salva la vita a qualcuno gli lascia un bigliettino con su scritto una frase, firmata “Il tuo amichevole Spider-Man di quartiere”. Insomma, Peter Parker è un ragazzo qualunque che studia, lavora, ha degli amici, trova una fidanzata non perché è un supereroe, ma perché è un ragazzo qualunque. Ed anzi, diventa un supereroe proprio perché è un ragazzo qualunque.
E questo vale anche per la nostra vita perché, per diventare grandi, non serve fare grandi cose, ma mettere tutto il nostro cuore e il nostro impegno nelle piccole cose che facciamo ogni giorno. Papa Francesco ha spesso parlato, in rapporto a questo, del Santo della Porta Accanto, affermando: “Perché tutti sappiamo che qui nella terra c’è gente santa, uomini e donne santi, che vivono in santità. Loro non lo sanno, neppure noi lo sappiamo, ma ci sono dei santi: dei santi di tutti i giorni, dei santi nascosti, o come mi piace dire i santi porta accanto, quelli che continuano la vita, che lavorano con noi e portano una vita di santità”. Insomma, il santo della porta accanto è il nostro amichevole Spider-Man di quartiere. Non è quello che fa una cosa diversa da noi, ma è quello che fa le stesse cose in maniera diversa, è quello nelle cui azioni vediamo che c’è un di più, che forse non riusciamo a capire bene, ma che è li.
Ma come possiamo diventare anche noi dei santi della porta accanto, o degli amichevoli Spider-Man di quartiere?
La risposta è molto semplice: impegnarci a prendere consapevolezza che essere grandi non viene da grandi gesti e grandi responsabilità non derivano necessariamente da grandi poteri, ma soltanto dal fare con profondo amore ciò che siamo chiamati a fare, dallo studio, al lavoro, alle amicizie a tutto ciò che c’è nella nostra vita.
Ecco allora, in questa settimana, ti invito a leggere questa preghiera del Cardinale Newman, che mi toccò il cuore la prima volta che la sentii e a chiederti: cosa posso fare per stare in modo più pieno al mio posto?
Dio mi ha creato perché gli rendessi un particolare servizio; mi ha affidato un lavoro che non ha affidato ad altri. Ho la mia missione, che non saprò mai in questo mondo, ma mi sarà detta nell’altro. Non so come, ma sono necessario ai suoi fini, necessario nel mio posto come un Arcangelo nel suo; […] ho una parte in questa grande opera; sono un anello della catena, un legame di parentela tra le persone. Non mi ha creato per nulla. Io farò il suo lavoro; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità stando al mio posto, senza averne l’intenzione, se soltanto ne osservo i comandamenti e lo servo nella mia vocazione. Avrò, perciò, fiducia in lui. Qualsiasi cosa e dovunque io sia, non posso mai essere buttato via. Se sono ammalato, la mia malattia può servire a lui; se sono nel dolore, il mio dolore può servire a lui. La mia malattia, o perplessità, o dolore possono essere cause necessarie di qualche grande disegno il quale è completamente al di sopra di noi. Egli non fa nulla inutilmente; può prolungare la mia vita, può abbreviarla; sa quello che fa. Può togliermi gli amici, può gettarmi tra estranei, può farmi sentire desolato, può far sì che il mio spirito si abbatta, può tenermi celato il futuro, e tuttavia egli sa quello che fa. […] Non ti chiedo di vedere, non ti chiedo di sapere, ti chiedo semplicemente di essere messo all’opera.
Antonio Pio Facchino
No responses yet