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Captain America – Quando la legge incontra la misericordia

Proseguiamo il nostro ciclo a tema supereroi, psicologia e fede e ci lasciamo guidare in questo cammino da niente popò di meno che da Steve Rogers, alias Captain America. 

Steve Rogers è un ragazzo rachitico e malaticcio, cresciuto negli Stati Uniti nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Ha da sempre un grande senso di giustizia e cerca ripetutamente di arruolarsi per andare a combattere i nazisti. Tuttavia, per la sua condizione fisica e di salute viene continuamente rifiutato. Già da questa breve storia possiamo facilmente identificarci, pensando a quante volte per un nostro limite o una nostra difficoltà veniamo continuamente rifiutati in quella che sentiamo essere o vorremmo sia la nostra strada. E possiamo altrettanto ben identificarci con il senso di fallimento e di abbattimento che prova Steve, con la rabbia come reazione a questa frustrazione e con l’invidia con cui guarda i suoi compagni che invece riescono ad arruolarsi.

Steve Rogers nasce come l’emblema della volontà contro l’impossibilità del compimento dei suoi desideri.

Tuttavia, in un momento della sua storia, succede qualcosa che cambia la sua vita. Per il suo coraggio e la sua determinazione viene messo in un programma sperimentale per creare supersoldati. Gli viene iniettato un siero che lo rende alto, muscoloso, forte oltre ogni uomo, incredibilmente veloce e atletico. 

Poco ci interesserebbe del suo cambiamento esteriore in realtà, non fosse per il fatto che proprio questo lo porta a cambiare anche a livello interiore. Steve Rogers era un ragazzo che sognava di perseguire la giustizia, e con la sua trasformazione, diventa l’emblema stesso della giustizia: diventa Captain America. 

E Captain America è l’esempio per eccellenza di tutte le virtù che possiamo concepire: giustizia, tenacia, forza e fortezza, lealtà, eroismo e potremmo continuare ancora. Da questo momento in poi, quando lo vediamo, anche noi spettatori al cinema, dimentichiamo che stiamo vedendo Steve Rogers e riusciamo a vedere solo Captain America. 

E questo è ciò che succede tanto spesso anche a noi. Steve ha ottenuto ciò che voleva e fa ciò che facciamo tutti noi quando otteniamo ciò che vogliamo: ci identifichiamo con esso. Possiamo pensarlo più facilmente se applichiamo quello che succede a Steve nella nostra vita. Forse ci abbiamo messo tanto tempo e tanta fatica per laurearci, per sposarci, per diventare genitori, per consegnare la nostra vita a Dio o anche semplicemente per fare un esame particolarmente impegnativo. Nel momento in cui abbiamo superato quella difficoltà, diventiamo esperti per eccellenza in quella materia. Pensiamo a quanto è facile e soddisfacente consigliare persone su un esame che abbiamo già fatto. O ancora, iniziamo a lavorare e ci atteggiamo subito a lavoratori perfetti che sanno tutto e non sbagliano mai. Smettiamo di essere noi stessi, con i nostri limiti e le nostre difficoltà, con le nostre ferite e le nostre sconfitte per identificarci con il nostro nuovo ruolo di eroi, di quelli che ce l’hanno fatta, di quelli che sono migliori degli altri. E di conseguenza viviamo non più per fare ciò che volevamo fare, per realizzare il nostro sogno, ma per dimostrare agli altri che noi siamo migliori perché lo abbiamo raggiunto. E ci capita senza che ce ne rendiamo conto.

Ed è la stessa cosa che succede a Steve nel diventare Captain America. Smette di essere il ragazzo che vuole lottare per la giustizia per divenire lui stesso la giustizia. 

La prova l’abbiamo quando persino Tony Stark, narcisista per eccellenza, chiede agli Avengers di accettare gli accordi con le Nazioni Unite per evitare di fare più danni che bene. Captain America rifiuta, guidato dal principio che lui è capace di discernere la vera giustizia. 

E, se ci pensiamo, la vita di Captain America non è particolarmente diversa da quella di un altro grande “eroe” della Bibbia: Saulo di Tarso, alias San Paolo.

Anche lui un giovane rachitico istruito alla legge e alla dottrina ebraica dai più grandi maestri. Seguace fedele della Torah e del credo ebraico finisce anche lui per identificarsi con quello che insegna. Lui sa ciò che dice la legge, lui è diventato la legge, e per questo vuole andare a perseguitare i cristiani per metterli a morte. 

Quello che ci chiediamo allora è: cosa è cambiato successo nella vita di Captain America, in quella di San Paolo e cosa può succedere nella nostra per produrre un cambiamento?

E la risposta ce la da San Paolo stesso: l’esperienza della misericordia. 

Captain America, infatti, sarà un promotore per eccellenza della giustizia, della virtù e della legge, ma la sua vita cambia quando si scontra con un guerriero russo, che scoprirà essere il suo migliore amico ai tempi della guerra: Bucky, alias il Soldato D’Inverno. 

Si tratta di un guerriero russo che ha assassinato moltissime persone, che potremmo definire un mostro. Ma in quel momento, Captain America scompare, e non assistiamo più a lui che guarda un mostro, ma a Steve Rogers che incontra il suo migliore amico. Ed è proprio questo il momento in cui torna ad essere Steve Rogers, che smette di identificarsi con la giustizia e di esserne emblema perchè per salvare la vita del suo amico dovrà fare tutta una serie di cose che vanno contro ogni giustizia umana. Dovrà schierarsi dalla parte del “male” per farlo tornare ad essere buono. E dovrà rinunciare anche ai suoi valori. 

Ed è la stessa cosa che succede a San Paolo quando sulla via di Damasco incontra Gesù, il mostro che tanto disprezzava. E in quel momento si rende conto che la giustizia che lui sta perseguendo non vale nulla senza la misericordia e l’amore. E proprio lui stesso, nella lettera ai Filippesi (3, 4-9) scrive: “Se alcuno ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui: circonciso l’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge; quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge.

Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede”.

Dal momento dell’incontro con Cristo e con la misericordia, San Paolo non perde la sua identità, ma la riacquista, ritrova se stesso in un uomo che non vive più per la legge, per ciò con cui si identifica, ma per l’amore e la carità. Allo stesso modo Captain America, che facendo esperienza dell’amore nei confronti del suo amico, rinuncerà a qualsiasi forma di legge, virtù e identificazione con il suo ruolo per tornare ad essere la vera versione piena di Steve Rogers, con i suoi limiti e le sue difficoltà, ma anche con l’amore nel cuore. Con qualcuno per cui vale la pena dare la vita e il proprio ruolo.

In questa settimana allora, sull’esempio di San Paolo e di Captain America, ti invito a pensare a tutte le volte che ti identifichi con il tuo ruolo, forse per nascondere delle insicurezze, ed in funzione di questo smetti di essere te stesso. E quando ti capita, prova a vivere quella stessa cosa che ti sta succedendo nella misericordia. Non farlo per dovere, ma per amore. Solo da quel momento, come questi due grandi eroi, riuscirai a cambiare davvero il mondo che ti sta intorno e ad essere chi vuoi essere. E magari, scoprirai che chi vuoi essere lo sei già, se ti concedi il permesso di esserlo.

Antonio Pio Facchino

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