Sarai libero quando lo vorrai!
Oggi vorrei condividerti una cosa che mi è accaduta qualche giorno fa: avevo un po’ di tempo prima di un appuntamento e, facendo dello zapping sui social, ecco che mi sono imbattuta in un post su Harry Potter, uno dei miei libri/film preferiti. In particolare si parlava di Dobby, il magnanimo e altruista elfo che sarebbe diventato amico di Harry fino a dare la vita per lui. Leggendo, ho meditato su un aspetto: gli elfi preferiscono essere sottomessi ad un padrone piuttosto che desiderare la libertà. Non a caso, in “Harry Potter e L’Ordine della Fenice”, Ron dice ad Hermione: “Stai cercando di indurli a raccogliere i cappelli. Li STAI LIBERANDO QUANDO POTREBBERO NON VOLER ESSERE LIBERI”.
Gli elfi sono creature sicuramente strane: vestono stracci, sono trattati come schiavi e vivono per servire le famiglie alle quali appartengono. Nei libri si legge di quanto Hermione abbia lottato per migliorare la loro condizione, nascondendo dei cappelli per farli trovare da loro e renderli liberi. Ma esattamente cosa ha ottenuto? Gli elfi non pulirono più la torre di Grifondoro perché ritenevano la cosa offensiva.
La priorità degli elfi era obbedire al proprio padrone, arrivando addirittura a punirsi quando si rendevano conto di non aver svolto al meglio il proprio dovere. Ne abbiamo una chiara conferma nelle simpatiche scene che vedono protagonisti Dobby e Harry nel secondo film della saga o, leggendo i libri, nell’ultimo libro, nel capitolo sul discorso di Kreacher (divenuto proprietà di Harry): qui vediamo l’elfo manifestare il disgusto verso la sanguemarcio e il traditore del suo sangue.
Nello stesso capitolo Kreacher racconterà che il suo Padron Regulus lo avrebbe consegnato al Signore oscuro poiché “al Signore oscuro serve un elfo” e Voldemort lo avrebbe portato nella caverna dove era tenuto nascosto il medaglione: qui avrebbe dovuto bere quella stessa pozione che vediamo essere bevuta da Silente nel “Principe Mezzo sangue”, essendo poi abbandonato a se stesso in preda alla disperazione. Quando Harry gli chiese come aveva fatto a tornare, l’elfo rispose: “Padron Regulus ha detto a Kreacher di tornare”, specificando che la legge più grande per un elfo era obbedire al padrone. È vero, Regulus aveva un altro piano ma l’obbedienza incondizionata di Kreacher l’ha portato a servire il suo padrone nonostante lo avesse lasciato nelle mani del Signore oscuro. Quindi, superata la sofferenza causata dalla pozione ed il dolore per essere stato trascinato dagli inferi, Kreacher continua a ritenere prioritario tornare a casa, perché era ciò che il padrone gli aveva ordinato, ciò che pensava fosse più importante.
Quante volte ci capita di dare troppa importanza ad un “padrone” sbagliato e di continuare a sopportare le sofferenze che ciò comporta? Quante volte ci facciamo del male rimanendo schiavi di relazioni sbagliate, del timore del giudizio degli altri? E quante altre volte rifiutiamo con decisione quegli aiuti che ci vengono dati, cosi come gli altri elfi rifiutano l’aiuto di Hermione? La verità è che questa situazione, comune a molti di noi ogni giorno, non sia così facile da affrontare. Personalmente mi è capitato di fare molta fatica a lasciare ambienti che non mi facevano stare bene, nei quali mi sentivo schiava come un elfo. Ho impiegato addirittura anni ad accettare quei doni nascosti, come quelli che Hermione lasciava nella torre di Grifondoro, perché temevo il giudizio dell’altro e perché, ambiziosamente, pensavo fosse giusto svolgere gli impegni che mi proponevano. Inoltre per natura sono una persona un po’ ansiosa, per cui faccio fatica a buttarmi in cose nuove: purtroppo questo mio blocco spesso mi ha portata ad una condizione di tristezza: non avevo più la gioia, proprio come in un incontro ravvicinato con un dissennatore. Ma come Dobby ha posto la sua fedeltà in Harry, pian piano, trovando e accettando un dono dopo l’altro, nelle persone e nelle situazioni Dio mi mostra quanto possa rendermi felice riporre la mia fiducia solamente in Lui.
Infatti, questa deve essere la nostra forza: Cristo è con noi. Il dissennatore aveva come unico obiettivo quello di prosciugare tutta la linfa vitale in chi aveva davanti, privandolo di ricordi positivi e lasciandolo nella disperazione. Ogni giorno siamo chiamati ad affrontare un dissennatore, che sia in università o a lavoro oppure anche nei posti più impensabili come casa. Noi non siamo più schiavi del peccato, siamo figli amati da Dio: se è così, allora perché continuiamo a preferire di essere come gli elfi? Non aver paura di fidarti di Dio Padre, di abbandonarti tra le sue braccia. Gesù stesso ha detto che non ci chiama più servi, bensì amici. Amici proprio come Harry, capace di valorizzare il cuore di Dobby! Pertanto, oggi t’invito a prenderti qualche minuto per pregare un po’: parla a Gesù chiamandolo “amico”, condividi con Lui ciò che turba o appesantisce il tuo cuore e fidati di Lui. Non sei stato pensato per essere schiavo ma per essere libero!
Valentina
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