La giustizia, una virtù che conduce in Paradiso
Durante una pausa pranzo, qualche giorno fa ho incontrato un mio caro amico, fra Benedetto – che alcuni di voi hanno avuto modo di conoscere nella scorsa diretta su Instagram, che mi ha subito riferito di aver da poco sostenuto l’esame di teologia morale.
Abbiamo iniziato così a parlare dei macro argomenti dell’esame e in un certo momento ha fatto una distinzione tra le virtù teologali e cardinali. Lì per lì devo avere avuto una faccia talmente sbalordita che fra Benedetto ha vistosamente sorriso chiedendomi cosa mi avesse sconvolto. Avevo già sentito parlare delle virtù cardinali, ma erano sepolte in qualche arcano meandro del mio cervello. Ma, a quel punto, dalle profondità più oscure, con un colpo di coda incredibile, le virtù cardinali sono diventate la mia priorità esistenziale. Gli ho chiesto immediatamente quali fossero le virtù cardinali e lui con grande soddisfazione mi ha risposto: «La prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza».
Quando ho sentito la parola giustizia si è illuminato il mio mondo interiore. La curiosità stava conquistando sempre più terreno nella mia mente, gli ho chiesto di dirmi ancora qualcosa e lui candidamente mi ha risposto: “Ho appena sostenuto l’esame, vai a cercare su internet la Summa Teologica di san Tommaso e avrai tutte le risposte di cui hai bisogno».
Nonostante il gentile sviamento delle domande la mia sete di curiosità era destinata a non fermarsi. Qualche giorno fa nel vangelo Gesù citava la giustizia dicendo: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli’’[1]. A quel punto mi sono detta: “è l’ora di capire un po’ di più sulla giustizia’’.
Gesù, nelle Beatitudini, ci dice: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati’’[2].
È particolare come Cristo abbia scelto di associare alla virtù della giustizia la fame e la sete il cui soddisfacimento è alla base della nostra sopravvivenza.
Così come abbiamo bisogno di sostentamento materiale, allo stesso modo abbiamo necessità di cibarci di Dio (tramite l’Eucarestia) per sopravvivere, anzi, per vivere.
Anche Gesù sulla croce ha avuto sete. Mi ha sempre colpito il significato di quell’esclamazione così struggente “Ho sete’’, che vuol dire: “Ho sete del tuo amore, ho scelto di morire per te perché ti amo più della mia stessa vita, mi sto facendo carico di tutti i tuoi peccati perché tu possa venire in Paradiso con me. Dissetami con il tuo amore perché ne ho bisogno’’.
Dio si fa presente nelle nostre vite tramite il pane che è frutto non solo della natura, ma anche del lavoro dell’uomo. Dio ha scelto di rendersi il cibo più umile, ma al tempo stesso essenziale della nostra vita. Tuttavia, ci ha lasciato la libertà di vivere anche senza di Lui. Dio stesso, invece, si è reso bisognoso di noi come se noi fossimo acqua per Lui: non può vivere senza il nostro amore. Muore ogni volta in cui rifiutiamo di amarLo.
Riflettevo sul fatto che ancora una volta Dio ha scelto di porre un limite alla sua onnipotenza: la nostra libertà. Mentre ci lascia liberi di amarlo, Lui si è reso bisognoso del nostro amore per sopravvivere. E l’ha scelto dall’eternità e per l’eternità.
Sant’Agostino scrive nelle Confessioni “Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”[3]: solo quando ci doneremo completamente a Dio, ci arrenderemo a Lui e desidereremo fare la Sua volontà morendo a noi stessi, alle nostre concupiscenze e alle nostre passioni disordinate, vivremo nella pace.
Per capire un po’ meglio il concetto di giustizia possiamo ricorrere al CCC (Catechismo della Chiesa Cattolica) che descrive la giustizia in questi termini:
La giustizia è la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. La giustizia verso Dio è chiamata “virtù di religione’’. La giustizia verso gli uomini dispone a rispettare i diritti di ciascuno e a stabilire nelle relazioni umane l’armonia che promuove l’equità nei confronti delle persone e del bene comune. L’uomo giusto, di cui spesso si fa parola nei Libri Sacri, si distingue per l’abituale dirittura dei propri pensieri e per la rettitudine della propria condotta verso il prossimo. «Non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia » (Lv 19,15). « Voi, padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo » (Col 4,1).
La donna giusta e l’uomo giusto, dunque, si riconoscono dal modo in cui orientano i propri pensieri e da come si comportano nei confronti del prossimo. Se i pensieri sono orientati al bene e la loro condotta al dare a ciascuno ciò che è dovuto, allora quella persona è giusta.
La giustizia ha tre caratteristiche fondamentali:
- è virtus ad alterum, ossia è una virtù da mettere in pratica nella relazione con gli altri dando a ciascuno il proprio. Per poter essere giusti con gli altri occorre esserlo prima con sé stessi, ossia “essere persone rette che sanno dare il corretto spazio alle differenti facoltà del proprio essere’’[4]con lo scopo di giungere a un’unificazione interiore che consente di far sbocciare tutte le potenzialità nascoste;
- la giustizia è espressione del dominio di sé e del governo sulle varie facoltà dell’essere umano: essa attiene alla volontà insita nel nostro cuore di fare il bene, ma che deve essere sostenuta dalle altre due virtù cardinali (fortezza: la capacità di dire di “sì’’; temperanza: capacità di dire di “no’’); mentre la prudenza e la giustizia ci mettono in comunicazione con il bene, la temperanza e la fortezza lo preservano, ordinando le passioni[5];
- l’obiettivo della giustizia è il bene comune: per ogni azione che compiamo ci è richiesto di scegliere tra un’azione giusta e una ingiusta; compiere un’ingiustizia equivale a compiere l’atto più contrario alla retta ragione[6] e per questo il primo passo per raggiungere la virtù della giustizia richiede il discernimento e la crescita nella rettitudine nelle relazioni e nell’uso dei beni[7], tramite l’accompagnamento di un sacerdote.
In aggiunta, la premessa per la giustizia collettiva è l’ordine nelle tre relazioni fondamentali: tra singoli (giustizia commutativa); tra società e i singoli (giustizia distributiva); tra singoli e società (giustizia legale).
I due vizi principali della giustizia sono l’omissione e la trasgressione che contraddicono, rispettivamente, la giustizia nella sua accezione positiva (fai il bene!) e negativa (non fare il male!)[8]. Tra gli atti contrari alla giustizia vi è l’uso scorretto della parola nella forma di insulto e maldicenza[9], mormorazione e derisione[10], menzogna e ipocrisia[11]. Da ciò si può evincere la forte connessione tra giustizia e verità e in questo è calzante l’esortazione di Papa Francesco: abbi il coraggio della verità[12].
Per diventare persone più giuste possiamo partire dal mettere in ordine la nostra camera, come sostiene lo psicologo Jordan Peterson[13] per poi iniziare a mettere in ordine la nostra interiorità e anche le nostre relazioni, con l’aiuto di uno psicologo e di un padre spirituale possibilmente, e infine, utilizzando solo in modo costruttivo il potente strumento della parola.
Buon cammino nella e per la giustizia a tutti!
Francesca Amico
[1] Mt 5,20.
[2] Mt 5,6.
[3] Sant’Agostino, Le Confessioni, 1, 1.5.
[4] G. CUCCI, I variegati aspetti della giustizia, La riflessione di Tommaso d’Aquino, Quaderno 4109, in La civiltà cattolica, pp. 381-392, 2021.
[5] Cfr. Sum. Theol. II-II, q. 123, a. 12; cfr q. 157, a. 4.
[6] ivi, II-II, q. 55, a. 8.
[7] IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, nn. 189; p. 343.
[8] Cfr. Sum. Theol. II-II, q. 79, aa. 2-3.
[9] ivi, q. 72, a. 2; q. 73, aa. 1 e 4.
[10] ivi, q. 74, a. 1; q. 75, a. 2.
[11] ivi, q. 110 a. 1; q. 111 a. 2.
[12] PAPA FRANCESCO, Buona vita. Tu sei una meraviglia, Milano, Libreria Pienogiorno, 2021.
[13] J. PETERSON, 12 regole per la vita. Un antidoto al caos, Rimini, MyLife, 2021.
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