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Con cosa ti identifichi? Il tuo corpo.

La settimana scorsa abbiamo parlato delle scelte che prendiamo nella vita quotidiana e di come siano esse a determinare chi siamo e di conseguenza, la nostra identità. Occorre però fare un passo in più, perché se è vero che le nostre scelte determinano la nostra identità, esse possono anche spiegarci chi siamo, e solo sapendo chi siamo possiamo fare delle scelte migliori e più coerenti con noi stessi. 

Solo un corretto senso dell’io, infatti, rende possibile una serena accettazione di sé, mentre se questo manca, siamo continuamente afflitti da un profondo senso d’insoddisfazione personale. È d’obbligo, dunque, avere un’identità solida e sostanzialmente positiva, che non vuol dire senza difetti, ma da guardare positivamente. Nello specifico, Cencini definisce vari livelli e secondo quali contenuti l’uomo può auto-identificarsi e oggi vogliamo parlare del primo livello, quello corporale.

Tutti noi, infatti, abbiamo un corpo, che è lo strumento con cui in generale ci interfacciamo con la realtà. Quando conosciamo qualcuno, ci facciamo una prima impressione partendo dal corpo, dal linguaggio non verbale, dalla costituzione fisica, dai tratti somatici, dalla conformazione corporea e così via. Il corpo ci permette di interagire con il mondo e sicuramente fa parte della nostra definizione di noi stessi. Un individuo può essere alto, basso, magro, sovrappeso, biondo, castano, bianco, di colore e molto altro; non esistono due corpi diversi e proprio queste caratteristiche, volente o nolente, condizionano il nostro modo di rapportarci agli altri e di interagire con il mondo, con il nostro modo di scegliere e con la nostra idea di noi stessi. Avere belle caratteristiche fisiche cambia anche la percezione che gli altri hanno di noi. Il corpo è anche il luogo principale in cui abitiamo, e risente e condiziona il nostro modo di essere e ne è influenzato. Possiamo essere persone insicure, e il corpo lo tradurrà nell’essere maldestro, o possiamo essere persone ansiose e il corpo lo tradurrà in atteggiamenti accelerati. Ancora il corpo riflette le nostre emozioni, e addirittura possiamo provare dolori fisici in situazioni in cui sperimentiamo l’ansia, somatizzando, oppure se stiamo male fisicamente siamo di cattivo umore. 

Questo discorso ci aiuta a capire che il nostro corpo ha un ruolo di prim’ordine nella nostra vita. È il primo luogo dove abitiamo e il nostro mezzo per interfacciarsi con il mondo. 

Ma che succede quando lo carichiamo di eccessiva importanza? Quando lo mettiamo al centro della nostra vita? Iniziamo a identificarsi esclusivamente con il nostro corpo e le nostre scelte iniziano a dipendere solo da quello. Iniziamo a preoccuparci esageratamente di essere belli, sani, forti, giovanili, ben curati. Abbiamo sempre bisogno di apparire, di vestirci in un certo modo, di passare ore ed ore in palestra e perché no, di vendere il nostro corpo sui vari social per metterlo in mostra davanti a tutti. In particolare nella società dell’immagine in cui abitiamo oggi, siamo sempre più costantemente portati a raggiungere un’ideale di corpo perfetto da ostentare. Le stesse foto sui social che postiamo non sono quasi più per condividere bei momenti con gli amici o trascorsi a coltivare le nostre passioni, ma riflettono solo un’espressione del nostro corpo e non permettiamo agli altri, e forse anche a noi stessi, di scoprire il molto altro che c’è dietro quel filtro.

Il pericolo contrario è quello di trascurare radicalmente il nostro corpo, di mangiare in maniera costantemente disregolata, di non dare importanza al nostro aspetto o alla cura di noi stessi, di disinteressarci completamente della nostra salute preferendo darci ad alcol, droga o anche semplicemente a cibo spazzatura e assenza di attività fisica. 

Come ci possiamo accorgere di dare eccessiva importanza al nostro corpo, o troppo poca?

Proviamo a chiederci quanto tempo passiamo a guardarci allo specchio, quanto tempo passiamo in palestra, che tipo di foto condividiamo sui social, che cosa mangiamo e che cosa beviamo. Questo ci può dare un’idea di quanto ci stiamo attaccando al nostro corpo e quanto ci stiamo identificando con questo, o al contrario, di quanto ci stiamo disinteressando del nostro corpo.

Come facciamo allora a capire che posto dare al nostro corpo?

Una risposta molto acuta in campo psicologico ce l’ha fornita san Paolo duemila anni fa, dicendo: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” (1 Cor 3, 16).

Il modo giusto in cui trattare il nostro corpo è come il tempio di Dio, cioè come una chiesa. Nessuno di noi vorrebbe entrare in una chiesa triste e mal ridotta, con quadri sbiaditi e muffa sulle pareti. Ma anche una chiesa troppo fatiscente, piena di quadri meravigliosi e belle opere diventa un museo che distrae dal centro, cioè Dio. 

Come diceva Orazio, piuttosto, est modus in rebus, ovvero c’è la misura in tutte le cose. 

Il nostro corpo deve avere la stessa importanza che ha una chiesa, cioè la consapevolezza che, come luogo dove dimora Dio, e dove dimoriamo noi, abbiamo il diritto e il dovere di prendercene cura al meglio delle nostre possibilità, purchè però, non dimentichiamo che la chiesa non è Dio, ma che è ciò che vi abita all’interno che conta davvero. 

In questa settimana prova a chiederti che cura ti stai prendendo del tuo corpo. Ha preso il centro della tua vita e della tua identità? Oppure lo stai trascurando? Prova a prendere una piccola decisione che ti permetta di prendertene cura nella maniera giusta, forse approfittando di queste giornate per iniziare a praticare sport, oppure al contrario rinunciare ad un’ora di palestra per stare con i tuoi amici. Forse puoi rinunciare a un po di cibo spazzatura e iniziare a mangiare più sano, o forse puoi permetterti di farti una pizza mettendo da parte il senso di colpa per le calorie. 

Purchè, abbiamo cura nella maniera giusta del nostro corpo.

Antonio Pio Facchino 

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