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Un rapporto autentico ed equilibrato

Per comprendere il rapporto tra psicologia e fede cristiana, il passo migliore è innanzitutto capire chi si occupa di cosa. Purtroppo, infatti, riguardo questo argomento, la confusione è tanta ed il motivo è semplice: l’oggetto della fede cristiana e della psicologia è molto simile. L’uomo.

La fede cristiana, ponendo al centro dell’uomo il rapporto con Dio, allo stesso tempo afferma anche di far raggiungere all’uomo la sua pienezza di vita e la sua vera identità. La base è: “Se metti al centro della tua vita Dio, la tua vita diventerà piena di senso, di gioia e tu sarai veramente te stesso”. Vista in questi termini, diventa chiaro come sia legittima la confusione con la psicologia. Se togliamo Dio dall’equazione, alla fine la psicologia ha esattamente la stessa funzione di superare momenti difficili, di trovare il senso della propria vita, di riscoprire la propria identità, far fruttare i propri talenti e così via. 

Allora si potrebbe pensare che la fede e la psicologia siano le alternative che possiamo scegliere per raggiungere il benessere. Da ateo o agnostico aprirò la porta della psicologia, da credente aprirò la porta della fede. Tuttavia, pensarle come due porte è un errore non indifferente. Proviamo invece a fare un salto in avanti e a immaginarle come un unico grande portone diviso in due porte. Una rappresenta la fede e l’altra la psicologia. Entrambe ti permettono di intravedere l’uomo, ma solo se le apri entrambe ne avrai una visione completa, altrimenti la tua visione sarà sempre coperta dalla porta ancora chiusa. 

Per comprenderlo meglio, poniamo l’esempio di dover fare una scelta morale. Questa scelta implicherà due punti: da un lato abbiamo l’atto stesso di scegliere, dall’altro l’insieme dei vari sentimenti, impulsi, emozioni ecc., che derivano dalla nostra configurazione psicologica e che costituiscono il materiale grezzo della nostra scelta. Se ad esempio la scelta è tra copiare ad un esame o meno, il materiale psicologico sarà la paura delle conseguenze di essere bocciati, l’ansia per non deludere le aspettative di nessuno e così via. Ora questo materiale può essere “normale”, o tendere al “patologico”. Essere preoccupati che l’esame vada male perché altrimenti lo dovrò ristudiare è normale; pensare che saremo bocciati perché siamo dei falliti che non hanno concluso niente e che mai concluderanno nulla già ci indirizza in un quadro più patologico. Partendo da questo esempio, la psicologia si occupa di eliminare tutto ciò che impedisce il nostro funzionamento ottimale e, in parole più semplici, di aiutarci ad avere un materiale grezzo migliore su cui basare le nostre scelte. Se andiamo pieni di preoccupazioni all’esame pensando che da quello dipende tutta la nostra vita, certamente non esiteremmo a copiare. Ma se andiamo con la serenità d’animo di aver fatto il nostro meglio e che l’esito dell’esame non ci definisce come persone, certamente saremo molto più liberi dalla tentazione di copiare. 

A questo punto inizia il problema della fede. Riprendiamo l’esempio sul copiare, e immaginiamo di aver risolto tutte le nostre difficoltà. A questo punto ci troviamo però davanti ad una scelta. Potremmo dire: “Grazie al Cielo mi sono liberato delle mie ansie. Ora posso fare del mio meglio per superare l’esame”. Ma potremmo anche dire: “Evviva, sono contento di non avere più ansia per l’esame. Ciò non toglie che io il bel voto lo voglio e di conseguenza copierò dal più bravo del corso”. La differenza tra queste due scelte è puramente morale e non è oggetto della psicologia. 

Possiamo migliorare il nostro materiale grezzo, ma dovremo pur sempre fare i conti con qualcos’altro: la reale libera scelta dell’uomo, con il materiale psicologico a sua disposizione, di mettere il proprio vantaggio al primo posto o meno. L’insieme di tutte queste scelte morali contribuirà a definirci come persone. Ma la scelta del bene e del male è una questione di morale e di fede. Avere del materiale psicologico “distorto” non è un peccato, ma una “patologia” e non bisogna pentirsene ma curarla. Avere un problema di dipendenza da droga ad esempio, è un problema che va curato e non condannato.  Ovviamente, tanto migliore sarà il nostro materiale psicologico, tanto migliori saranno le nostre scelte. 

Antonio Pio Facchino

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