Gerusalemme a portata di mano

Io ho un desiderio nella vita, quella cosa che a volte programmi ma non riesci a fare, quel sogno nel cassetto, quel viaggio incredibile: nella mia agenda futura ho segnato il viaggio in Terrasanta. Sogno spesso la possibilità di visitare Gerusalemme e tutti i luoghi sacri al cristianesimo delle origini ma, visto che la Palestina non sia proprio dietro l’angolo e considerate anche le ristrettezze degli ultimi mesi, questo, più che un progetto, al momento resta un sogno. Almeno l’ho pensato fino a giovedì scorso quando ho “visitato” Gerusalemme dall’Italia e non su Google Maps! 

Ho conosciuto un ragazzo, Maurizio, studente d’ingegneria meccanica e abruzzese come me, a Bologna, attraverso un’amica in comune. Dopo esserci visti un paio di volte, mi ha invitato a visitare la chiesa di santo Stefano promettendomi che mi avrebbe fatto da guida. Cogliendo l’occasione per conoscere un po’ di più la città, ho accettato con molto piacere. Ma mai mi sarei aspettato di vivere un’esperienza unica. Giunto davanti ad una delle chiese che costituisce il complesso di santo Stefano, stazionando davanti al portone centrale, Maurizio subito mi fa notare un particolare che sfugge ad un visitatore inesperto: sull’arco c’era la frase “Sancta Sanctorum”, il luogo più intimo del Tempio di Gerusalemme nel quale si credeva che ci fosse proprio l’essenza di Dio e al quale poteva accedere solo il Sommo Sacerdote. Resto un attimo perplesso, proprio perché non riuscivo a capire il senso di quell’insegna. Poi tutto fu più chiaro. Attraverso l’ottima guida che dovrei chiamare a questo punto Cicerone o Virgilio, Maurizio mi racconta la storia che si cela dietro questo tesoro nascosto di Bologna: nel IV secolo san Petronio, patrono della città, compie un viaggio in Terrasanta e, fatto ritorno nella sua diocesi, comprende quanto sia importante replicare una mini Gerusalemme anche a Bologna. Così fa costruire alcuni edifici che rievocassero i luoghi sacri cristiani. Il progetto poi viene implementato nel corso dei secoli, prima dai longobardi e poi dai benedettini fino a quello che vediamo noi oggi. 

Inizialmente la struttura contava solo su una piccola chiesa del II secolo dedicata ai santi Vitale e Agricola, i primi martiri bolognesi verso i quali si diffuse subito una grande devozione. Ecco perché la chiesa principale è stata intitolata a santo Stefano, il primo martire cristiano. Proprio per rafforzare questo vincolo tra Gerusalemme e Bologna. Anche l’urbanistica esterna ricalca questo progetto: le antiche dodici porte che cingevano la città emiliana dovevano ricordare appunto le dodici tribù d’Israele. Nulla lasciato al caso dai bolognesi insomma! Ma il pezzo forte della mia visita è stato il Santo Sepolcro, una riproduzione del tempio gerosolimitano talmente fedele che, dopo le varie peripezie affrontato da quello originale, la versione bolognese secondo molti archeologi rappresenta la forma più fedele al tempio antico di quanto non sia quella attuale in Palestina. Questo monumento si poggia su una base ottagonale a indicare un punto d’incontro tra il quadrato (forma imperfetta perché dotata di angoli a rappresentare l’imperfezione umana) e il cerchio (la perfezione divina per eccellenza). Uscito dal complesso di santo Stefano, sebbene solo virtualmente, una parte di me si è sentita in Terrasanta. Adesso so che, ogni qualvolta avessi quell’irrefrenabile desiderio di partire, intanto posso godermi una fantastica replica a portata di mano.

Ma una cosa, più di tutte, mi ha lasciato un segno: il desiderio ardente di san Petronio di ricostruire una piccola Gerusalemme per se e per i suoi concittadini. Quando vediamo qualcosa di bello che ci cambia, non possiamo tenerlo solo per noi, è naturale condividerlo con gli altri. Quando partiamo per un viaggio lungo, spesso ci assale la nostalgia dei luoghi nei quali siamo cresciuti, perché ogni angolo ha una sua storia. Chi crede sa che la sua patria sia il cielo ma sa anche che tutta la base della sua storia sia partita da quella città in Palestina, da quelle vie che hanno visto passare più e più volte Gesù con i suoi discepoli, dall’acclamazione con le palme alla derisione con la corona di spine. L’invito che voglio farti oggi è molto semplice: ritagliati un pezzo della tua giornata per fare memoria del luogo da cui sei partito. È importante sempre ricordare le radici per cogliere i frutti. Ricordati chi sei per Dio. Se non lo sai o non te lo sei mai chiesto, questa è una buona occasione per vederti sotto la sua luce. Tutto è partito da Gerusalemme ed è arrivato, qui ed ora, a noi che stiamo comunicando attraverso queste righe. Lasciati sorprendere da quello che puoi vedere nella tua vita. Gesù non capita, accade. Abbi fede.

Emanuele Di Nardo

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