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Vivere è camminare. Giorno 3.

Ci siamo lasciati con l’arrivo a Sant’Andrea. Sebbene la terza tappa prevedesse la partenza da Otranto e l’arrivo a Santa Cesarea Terme, noi siamo arrivati a Otranto.

Giorno 3: Sant’ Andrea – Otranto

«L’insoddisfazione di ieri non l’ho ancora metabolizzata. Sono contrariata, cammino in silenzio sotto il sole che non sopporto già più. Sono le 10. Il programma di partire alle 5 è già saltato. Ulteriore sconfitta. Questa giornata è partita storta. Andrà sempre peggio. “Nah nah nah nah! Non hai ancora capito un tubo della vita, Francesca. Quanta pazienza ci vuole con te?!” [Era il mio grillo parlante che mi riportava all’ordine]. “A che ti serve fare esperienze, trarre insegnamenti da ciò che ti accade per poi non metterli in pratica? Non hai letto che è necessario attendere e sperare nella vita? Bene, allora rialzati. Stampati un bel sorriso sul viso e comincia a vivere seriamente, inutile che ti lamenti insensatamente. Osserva la meraviglia del mare che ti circonda, i costoni di roccia su cui cammini a strapiombo sul mare, la brezza marina che dalla riva va via via scomparendo allontanandoti passo dopo passo verso l’interno, stupisciti della terra rossa su cui poggi i tuoi piedi, dei cespugli scompigliati dal vento, delle more, dei fichi che offrono riparo agli animali e alle persone sfiancate dal sole. Ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso?[1]».

Il mio grillo parlante non era l’unico assedio che stavo ricevendo. «ALERT, ALERT! Attacco via terra, attacco via terra! [Il mio cervello pare prolifico la mattina].  «Francesca, che hai fatto? Cosa è andato storto?”» mi ha chiesto un’amica.

E lì è iniziato tutto il mio sproloquio con cui vi ho già tediato abbastanza, ma mi vorrei soffermare sull’importanza del dialogo. Era partita malissimo quella giornata, la mia coscienza elaborava, mi spronava, ma solo aver esternato tutto quello che vivevo dentro con qualcuno che sapevo desiderasse ascoltare, mi ha permesso di mettere un punto a quella tristezza interiore per tornare a vivere per la gioia e nella gioia. Penso sia importante prenderci cura delle persone che abbiamo intorno, “perdiamo” qualche momento per ascoltare davvero, in silenzio, senza giudizi, ma con amore. Possiamo fare un miracolo: aiutare chi è caduto a rialzarsi[2], anche se questo potrebbe impedirci di raggiungere il nostro obiettivo. Cosa è più importante per te? Raggiungere il tuo obiettivo o ridonare la vita a una persona che hai a fianco[3]?

«Proseguiamo. Il sole è veramente incendiato oggi, dovrebbe prendersi un po’ di riposo ogni tanto. “Questo è lo stress accumulato. Vai in ferie, sole! Hai bisogno di riposarti!” Abbiamo continuamente sete, beviamo ma con parsimonia, non si è mai abbastanza temprati al terrore di rimanere senz’acqua. Camminiamo in mezzo a sentieri strettissimi a strapiombo sul mare, costeggiati da una vegetazione fitta e ingombrante che costringe a camminare in fila indiana. Ogni intanto incontriamo qualcuno che si dirige a fare il bagno. Incrocio con lo sguardo tre ragazze al riparo sotto un albero, ma sto sognando ad occhi aperti di nuotare in quella soffice acqua, cullata da quelle piccole onde che suonano una melodia sulla riva. Neanche mi accorgo di loro coscientemente. Dovremo attraversare un tratto di spiaggia. “COSA? Io conciata come una messicana, con la maglia zuppa di sudore, con la faccia stravolta in mezzo a bagnanti in costume?! No, non lo farò.” “Sì, tu lo farai.” “Ma perché?!”».

Inutile dirvi che una volta arrivata in spiaggia non ho resistito a buttarmi in acqua. Erano le 12, il sole picchiava peggio di un pugile incarognito. Ho buttato lo zaino, ho indossato il costume al volo e mi sono tuffata in quelle chiare, fresche e dolci acque di un meraviglioso verdino che andava a confondersi con un azzurro poi indaco e infine blu sempre più scuro via via che lo sguardo mirava sempre più lontano verso l’orizzonte.

«“E’ tardi! Su, esci dall’acqua, rivestiti velocemente, risistema i cerotti ai piedi. Dobbiamo ripartire prima che il sole diventi più “leone” di quanto non lo sia già”. Dobbiamo attraversare un tratto di sabbia. I piedi sprofondano un metro sotto terra, per fare un passo mi sembro Flash, il bradipo di Zootropolis[4]. Fa caldo. Lo zaino è pesantissimo. “Ma si può andare avanti così? Sono stanca. Che pesantezza la vita.” La mappa dice di imboccare una via sulla destra. Volto lo sguardo. Mi blocco. Il mio flusso di pensieri scompare. Quasi piango. C’è una salita da fare. Sotto il sole. Con lo zaino sulle spalle. Ripidità 30%. Tutta di sabbia! A momenti lo zaino mi fa cadere indietro. “Su Francesca, prima la scali prima sarai in cima. Non hai alternative”. A ogni passo sospiro “Oh issa!”. A ogni passo mi sembra di smuovere un elefante, il sudore gocciola dappertutto. Dopo cinque minuti di “arrampicata” arriviamo in cima. Che gioia! E la natura ci ha anche riservato una bellissima ombra sotto i suoi rami di carrubi, cipressi, lecci, oleandri e mirti. Un sorso d’acqua è d’obbligo. Seguiamo la mappa. Ci conduce ai Laghi Alimini attraversando una pineta. La gioia piena! Una frescura impagabile, sono ristorata. Siamo vicini ai Laghi, mancheranno solo 9 km all’arrivo poi. Che gioia!”

« “Ragazze, la strada è interrotta, c’è stato un incendio, dovremo proseguire a piedi sulla statale oppure prendere l’autobus fino ad Otranto”. Sono state le parole di un gruppo di ragazze, anche loro in cammino, che ci avevano precedute. Arriviamo alla fermata. Non passerà nessun autobus da lì.

Non ci arrendiamo, cerchiamo su maps. Ci propone un’altra linea che passerà da un’altra fermata, tra 30 minuti. 20 minuti di corsa. Ci dividiamo. Maps indica due direzioni diverse. Ci incamminiamo, il tempo scorre. La tensione cresce. Maps ricalcola il percorso. Si perde. “Dove dobbiamo andare?!” Ci “buttiamo”, seguiamo una via. Incrociamo il resto del gruppo. Rischiamo. Acceleriamo il passo. Quasi crolliamo per la stanchezza. Resistiamo. Sorso d’acqua. Corri ancora. Miracolo. Una strada principale in mezzo a tutte quelle sperdute nel nulla! Piazzetta. Panchine. Ombra. Siamo in anticipo di 5 minuti. Relax. Acqua. Un bolide blu sfreccia nella direzione dove dovremmo andare. Siamo nella corsia opposta. Lui va! 

“Fermoooo! Fermooo!”. Tutta la disperazione, la stanchezza, la tensione, la paura sono racchiuse in quell’urlo così assordante di Chiara. Non so se ridere o piangere. Stiamo per perdere l’autobus della salvezza. Ma…l’autista deve aver visto un gruppo di scalmanati, agitati, che a momenti perdevano un braccio per farsi vedere, che urlavano… si è fermato. Non so se per compassione o per lo spavento. Saliamo sull’autobus. 20 minuti con l’aria condizionata per percorrere quei 9 km che avremmo percorso in almeno altre 2 ore di cammino sotto il sole. Sono in Paradiso. [Anche se so di avere una visione limitatissima della beatitudine che si vive in Paradiso.]

Arriviamo ad Otranto. Il camping è solo a 10 minuti a piedi, che sarà mai! C’è di nuovo una salita. Ripidissima. Sotto il sole. Ma non c’è tempo di scoraggiarsi. Passo dopo passo, con un sorso ogni tanto, arriviamo al cancello di quella che sarà la nostra casetta per quella notte. Vincenzo, il proprietario ci offre una bottiglia d’acqua fresca. L’abbiamo amato intensamente in quel momento. Montiamo la tenda. Relax all’ombra dei pini, ascoltando gli uccellini che cinguettano, le cicale che friniscono, il silenzio del pieno pomeriggio d’estate. Illuminazione! Quelle ragazze che avevo intravisto la mattina, mentre ero assorta nei miei pensieri erano le stesse che ci avevano avvisato della strada interrotta. Erano Antonella, Chiara e Valentina.

Non possiamo fermarci. Siamo a Otranto, non possiamo sprecare tempo. Ripartiamo. Vogliamo fare un bagno. Ci immergiamo nelle acque cristalline del mare che costeggia la città, dopo aver attraversato il meraviglioso castello. La bellezza della natura, quella artistica e delle persone che ci circondano ci rapisce…siamo senza parole.

Alle 20 ci raggiunge Valentina e andiamo a cena insieme. Vedo arrivare un piatto stracolmo di orecchiette. Con le cime di rapa. E vongole. Sprofondo in un momento di estasi. Ogni orecchietta che vedo in quel tripudio di colori, tra il verde delle rape, il giallo ocra della pasta di quella forma così piacevole agli occhi, affiancata dalla forma concava della vongola grigia, marroncina e bianca che racchiudeva al suo interno quel cuore croccante e morbido, mi rigenera. La meraviglia del sapore che sperimento a ogni boccone…non riuscirei a descriverlo.»

Dopo tutte queste parole vi lascio con le tre luci ricevute in questo giorno:

  • Ogni giorno è un giorno nuovo. Il mattino è un nuovo inizio, stupisciti di tutto quello che potrà accadere. Soprattutto, spera sempre contro ogni pronostico, credici fino alla fine, in tutto ciò che stai facendo.
  • Dialogare per risolvere le problematiche. Non tenere tutto dentro, parla, confrontati, sempre nel rispetto di un’opinione discordante. Rendi le occasioni di discussione un’occasione per consolidare la tua persona e la conoscenza delle altre. Occorre silenzio e ascolto profondo.
  • Torna a stupirti delle piccole cose ogni giorno, proprio come fanno i bambini. Vivrai una vita molto più intensa.

La canzone del giorno è I Want to Break Free[5].

Francesca Amico


[1] NEGRAMARO, Meraviglioso. E’ possibile ascoltare la canzone al seguente link: https://youtu.be/EikicSEKi4M.

[2] Don TONY DRAZZA. Intervistato per la sua idea di scrivere dei pensieri positivi su block notes. Vedi l’articolo al seguente link: https://officinadelsole.thesun.it/2017/04/13/don-tony/.

[3] Si è parlato in questi giorni del maratoneta Barnaba Barcellona che ha aiutato il suo avversario a rialzarsi. E’ possibile leggere un articolo su questa vicenda al seguente link: https://www.eurosport.it/maratona/atletica-aiuta-l-avversario-a-completare-la-maratona-l-italiano-barnaba-barcellona-protagonista-a-be_sto8573701/story.shtml.

[4] Per chi non lo conoscesse è possibile vedere una clip al seguente link: https://youtu.be/UrvZgU_HVrM

[5] QUEEN, I Want to Break Free . E’ possibile ascoltare la canzone al seguente link: https://youtu.be/f4Mc-NYPHaQ.

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