Perché sposarsi? Tre missioni in una

Che grande missione il matrimonio e quanta dedizione e sacrificio sono necessari per costruire mattoncino dopo mattoncino una famiglia. 

Traendo spunto dalla celebrazione di un 25esimo anniversario di matrimonio, vi condividerò alcune piccole luci che mi sono state donate nel corso di questi anni.

La parola matrimonio, lo stare insieme con la stessa persona «finché morte non vi separi» è abbastanza soffocante, ma vedere e toccare con mano la testimonianza di “soli” 25 anni di matrimonio ha completamente ribaltato il mio sguardo. Non è spaventoso scegliere di donarsi completamente a una persona, scegliere di sacrificare la propria salute, il proprio tempo, i propri impegni per una persona sola, dicendo “no” a tutte le altre. Non è spaventoso perché quando scegliamo di agire per amore, donando tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo, stiamo trovando il senso più nascosto della nostra vita: amare ed essere amati.

Vi riporto alcune parole dell’omelia della celebrazione che mi sono arrivate dritte al cuore: “La famiglia è il nucleo per eccellenza in cui si impara ad accogliere i bisogni dell’altro, prima gli sposi nel sottomettersi reciprocamente, poi i genitori nell’accudire i piccoli che possono arrivare (o no – e non dovremmo considerarla una tragedia, siamo chiamati a essere fecondi in infiniti modi), o ancora, i figli nel prendersi cura dei genitori ormai anziani. E’ un circolo virtuoso di ascolto, di servizio e di dono completo. 

Vorrei soffermarmi sulla parola “sottomettersi”. E’ veramente inaccettabile per i tempi odierni. Molto spesso conta quanto profitto si può trarre da un’altra persona, che sia economico, affettivo, materiale, lavorativo ecc., ma si perde il senso vero delle relazioni, del prendersi cura delle ferite dell’altro anziché infilare il coltello nella piaga per sottometterlo. 

Sembrerà una contraddizione; mi chiederete: “Ma quindi gli sposi devono essere sottomessi, o no?” La risposta è sì, ma non nell’accezione brutale che proviene dal mondo, non è un sottomettere l’altro con la prepotenza, con l’arroganza, con la violenza. E’ un sottomettersi all’altro con amore, dedizione, cura e ascolto. Cambia solo qualche lettera, ma cambia tutto.

La prima missione del matrimonio non è lo sposo o la sposa, resta comunque Dio il privilegiato. Infatti, perché un matrimonio tenga è necessario che sia una relazione a tre…che trasgressione! Tu e lei/lui insieme a Dio. Senza Dio non si va da nessuna parte. Il matrimonio è una via per arrivare il prima possibile a Lui, a conoscerLo di più, mettendosi pienamente a disposizione di Dio, svuotandosi di sé per lasciarsi riempire totalmente di Lui. Ma non basta! Non è solo una via di santità del singolo, non solo un progressivo cammino verso il Paradiso da affrontare mano nella mano, ma anche una missione di salvezza per gli altri. Vi cito le parole di una neo sposa che mi colpirono molto: «Il matrimonio ha tra le finalità quella di unire le energie di due persone per trainare con più forza gli altri verso Dio». Non so a voi, ma questa frase ha svoltato la mia concezione di matrimonio. Sposarsi per salvare anche gli altri.

È impossibile per le nostre forze accontentare tutta la fame di vita, di amore, di gioia, di speranza, in una parola, di Dio, che c’è intorno a noi. Ma non dobbiamo dimenticare che nulla è impossibile a Dio e «ogni cosa è possibile a chi crede»[1]. Siamo abituati a guardare con i nostri occhi pragmatici ciò che ci circonda, ma Gesù non si lascia intimorire da ciò. Chiama a sé Filippo, il dotto, che razionalmente gli risponde che cinque pani e due pesci non saranno sufficienti a sfamare cinquemila uomini[2]. Ha ragione, è logico ciò che dice, ma Gesù vuole portarlo ad avere il Suo sguardo sulla folla affamata. Gli vuole mostrare la compassione che Lui prova per tutte quelle povere anime senza cibo (non solo materiale, ma anche spirituale) che Gli chiedono vita; gli vuole insegnare come chinarsi dinanzi alla sofferenza, al bisogno, alle richieste di chi abbiamo intorno; gli vuole spiegare che a Dio non serve il nostro impossibile, ma solo il nostro possibile, perché Lui «prese i pani, e dopo aver reso grazie, li distribuì […] raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato»[3] . Siamo chiamati a essere il prolungamento di Cristo nel mondo, siamo stati salvati, ma ora Dio ci chiede di essere suoi strumenti di salvezza per gli altri. Sei pronta/o a rispondere a questa chiamata sconvolgente?

Tornando ai 25 anni di matrimonio non è assolutamente una passeggiata arrivare a questo traguardo, anzi. Un sacerdote di nome Michele diceva «oggi le nozze d’argento si potrebbero considerare nozze di diamante, vista la distruzione a cui va incontro la famiglia». Non è tutto rose e fiori, non sarebbe normale perché il matrimonio è volto a valorizzare entrambi gli sposi, nella loro unicità che va naturalmente a collidere con l’altrui personalità. Ma il problema non è avere un problema, ma come si sta di fronte a questo. E’ fondamentale ricordarsi che i matrimoni crollano per la trascuratezza, per la mancanza di ascolto, di presenza, ma è del tutto naturale vivere delle crisi. In questi momenti è importante fare memoria dei punti cruciali della propria vita di fede, della propria relazione con Dio, con lo sposo o con la sposa, ma anche con gli amici. Bisogna ricordarsi delle piccole obbedienze quotidiane che ridonano pace, gioia, amore e speranza. Occorre innaffiare con amore, un po’ alla volta ogni giorno, la piantina, per donarle vita. 

L’essenziale è fare tutto per amore, perché solo così quel piccolo gesto ordinario sarà rivestito di valore eterno e donerà guarigione, che «non consiste per forza o prioritariamente nel togliere un problema, ma nel farlo smettere di essere una prigione»[4]. Quando le nostre forze sono esaurite, e non solo in quel momento, dovremmo ricordarci dello strumento potentissimo della preghiera che ci permette di prenderci cura, anche meglio rispetto alle azioni concrete, delle persone che ci sono intorno. 

Vi lascio augurandovi di sperimentare oggi la bellezza di vivere in pieno abbandono a Dio, nelle sua braccia possenti e tenere allo stesso tempo, così come Gesù dormiva serenamente a poppa quando la barchetta era vistosamente sopraffatta dalle onde[5]. Infatti, riusciamo a dormire solo quando ci sentiamo al sicuro. L’amore di Dio destabilizza perché è un amore gratuito, completo, totale, infinito, ma non lasciamoci intimorire dall’immensità del Suo amore. Restiamo, ne vale la pena! 

Francesca Amico


[1] Mc 9,23

[2] Cfr. Gv 6, 1-14

[3] Ibidem

[4] L.M. EPICOCO, – Commento al vangelo del 1 Settembre 2021 – Lc, 4, 38-44, in CERCOILTUOVOLTO.IT, 1.09.2021

[5] Mc 4, 35-41. Vi lascio anche una canzone da ascoltare nelle tempeste delle nostre vite: https://www.youtube.com/watch?v=GYZyhGPA45I

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