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Il bene comune

Il 2 Giugno c’è stata la festa della Repubblica. Per molti è sicuramente passata come un giorno di festa in cui non si lavora, non si studia o non si va a scuola. 

Repubblica, dal latino res (cosa) pubblica, indica ciò che è di tutti, e perché sia realizzato, tutti devono parteciparvi attivamente. Il fine è il bene comune.  E proprio su questo aspetto vogliamo riflettere oggi. 

Dai più antichi ritrovamenti fossili ad oggi, c’è una questione che è rimasta pressoché invariata nella storia dell’uomo: il suo essere sociale. Che ci piaccia o meno, abbiamo bisogno degli altri per vivere e proprio la capacità di collaborare è alla base dell’evoluzione dell’uomo. 

Engel, nel 1977[1], poneva nel suo modello la socialità, ovvero le relazioni con gli altri, tra gli elementi centrali della persona. Viktor Frankl[2], nei campi di concentramento, diceva che c’è sempre qualcuno per cui vivere, mettendo in risalto l’importanza dell’altro nella nostra vita. 

Livia Tomova (MIT) ha condotto molti esperimenti riguardo l’isolamento sociale, ovvero una condizione di mancanza oggettiva di contatti sociali. L’isolamento è un sintomo alla cui determinazione concorrono sia aspetti di natura “strutturale” (quali, ad esempio, il vivere soli e la scarsità di relazioni sociali), sia “funzionale” (come la mancanza di un supporto emozionale). 

In un esperimento particolare, Tomova (2020)[3] ha valutato le risposte comportamentali e neuronali di alcuni soggetti dopo 10 ore di completa astinenza dal cibo o dalle interazioni sociali. Al termine del digiuno o dell’isolamento, sono state presentate ai volontari delle foto raffiguranti (a seconda del gruppo) cibo o attività sociali. Lo scopo era quello di evocare, attraverso l’utilizzo di stimoli visivi, l’attivazione delle aree cerebrali coinvolte nelle due forme di desiderio e di misurarne l’attività attraverso l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI). 

La ricerca ha dimostrato non solo che l’isolamento causa un desiderio di socialità simile, dal punto di vista dell’attività cerebrale, al modo in cui il digiuno causa la fame, ma anche che questi due desideri condividono in parte le stesse aree neuronali, soprattutto quelle coinvolte nei circuiti della ricompensa. Inoltre, l’attività di queste aree è correlata al desiderio: maggiore è il desiderio di cibo o di interazioni sociali, maggiore sarà l’attività di queste regioni. Per l’autrice dello studio, questa ricerca supporta l’idea che le interazioni sociali rientrino tra i bisogni essenziali dell’uomo e che la solitudine motiva il desiderio di socialità, esattamente come il digiuno motiva l’appetito.

In altre parole, abbiamo bisogno degli altri tanto quanto abbiamo bisogno di mangiare. Ma stare con gli altri non è sempre facile e di conseguenza abbiamo bisogno di imparare a collaborare, cioè a lavorare insieme. Ma cosa c’entra questo con la festa della Repubblica? 

Il primo articolo della Costituzione Italiana sancisce: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro (…)”, e questo lavoro converge proprio nella realizzazione del bene comune, cioè di ciò che è meglio per tutti. Potremmo pensare che questo abbia a che fare con una serie di attività politiche ed economiche che riguardano le alte sfere del governo, ma se proseguiamo nella lettura di questo articolo troviamo scritto: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. 

Il sovrano è colui che ha il potere e la responsabilità di qualcosa. Dunque il bene comune ha anche a che fare con le manovre di governo e la legge finanziaria, ma non si limita a quello. Esso invece si compie quando ciascuno di noi, nel suo piccolo, nel suo lavoro, nella sua famiglia cerca di dare il suo meglio, consapevole del fatto che ognuno, nel suo contribuisce alla realizzazione di un bene più grande. Così esercitiamo la nostra sovranità, e così realizziamo quel progetto di collaborazione che può rendere veramente il mondo un posto migliore. 

Tante volte ci lamentiamo che non si fa abbastanza, non ci sono incentivi, mezzi, strumenti o altro. Le scuse e gli impedimenti sono sempre mille. Ma ciò con cui dobbiamo confrontarci è: io sto facendo del mio meglio nel posto in cui sto? 

Ciascuno di noi è chiamato a realizzare il bene per gli altri, la “res pubblica”, e tu sei un elemento essenziale e insostituibile per questo lavoro. 

Anche dal punto di vista religioso, se prendiamo la lettera di San Paolo ai Romani, possiamo notare facilmente come riprenda il concetto di lavorare per gli altri quando afferma: “Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole.” (Rm 14, 19) Indipendentemente dal credo religioso, possiamo vedere come questo principio è incardinato nel cuore di ciascuno di noi, fino ai meandri del nostro cervello.

Dunque, che tu sia credente o meno, in questa settimana, ti consiglio di leggere la lettera ai Romani dal capitolo 12 al capitolo 15 e di chiederti: cosa posso fare per edificare gli altri con il mio lavoro? C’è qualcosa che potrei fare meglio? Lavoro solo per guadagnare, oppure ho anche l’occasione di fare del bene, anche se piccolo, a qualcuno?

Prova, ti stupirai di vedere quanto frutto potresti portare. La realizzazione di un mondo migliore comincia da te. Ci stai?

Antonio Pio Facchino


[1] Engel, G. (1977) The Biopsychosocial Model Approach, su Rochester University, Rochester University.

[2] Frankl, V. (2017) L’uomo in cerca di senso. Uno psicologo nei lager e altri scritti inediti

[3] Tomova L. (2020) Nature Neuroscience. Acute social isolation evokes midbrain craving responses similar to hunger

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