Direttore spirituale non è uguale a psicologo.
Sono cristiana, ho una vita nella norma e ho preso consapevolezza che vorrei crescere su aspetti X della mia vita, nelle mie relazioni, nelle scelte, nella gestione dell’ansia eccetera. Dovrei avere una guida spirituale o piuttosto contattare uno psicologo?
Spesso, dall’inizio della mia conversione, mi ponevo questa domanda: ero al secondo anno della triennale e cominciavo a conoscere meglio anche il mondo della fede vedendo molte cose con uno sguardo nuovo. Ora che sono psicologa fresca di abilitazione, altri non di rado mi fanno la stessa domanda.
Se è vero che entrambi, psicologo e direttore spirituale, possono essere accomunati dall’ascolto e l’aiuto, sono in realtà differenti in modi, obiettivi, tempi e relazione.
Andiamo per gradi. Lo psicologo è un professionista che interviene all’interno di diversi contesti (individuali, interpersonali e non solo) con l’obiettivo di migliorare il benessere psicologico delle persone, quindi possiamo sintetizzare che il centro è la persona, la sua relazione con il contesto che lo circonda, con le esperienze vissute; il fulcro è il benessere, la sanità. Il direttore spirituale, invece (uomo o donna, consacrato o laico), accompagna la persona nella sua relazione con Dio con tutte le implicazioni pratiche ed esistenziali che questa ha nella vita della persona stessa; qui l’obiettivo è la santità.
Qualche volta ho sentito critiche nei confronti degli psicologi che “pretendono” di curare le anime pur non essendo il loro campo di competenza. Viceversa, c’è qualcuno che sostiene che in realtà i preti sostanzialmente erano “gli psicologi prima di Freud”, quindi a che serve lo psicologo quando posso parlare col parroco? Io sono psicologa e ho un direttore spirituale: o mi sto boicottando da sola la professione oppure in realtà c’è differenza e una figura non è il sostituto laico o il sostituto cristiano dell’altra.
Le persone non sono entità a compartimenti stagni di corpo/spirito/mente, ma tutto interagisce e contribuisce a fare di noi un essere umano: c’è un legame tra questi tre elementi ma, ad esempio, il medico opererà principalmente in relazione alla corporeità, lo psicologo in relazione alla psiche, al comportamento e alla relazionalità, il sacerdote in relazione alla spiritualità. Ma ciò implica che l’intervento su una “parte” avrà delle risonanze su tutta la persona nella sua interezza. Questa affermazione andrebbe approfondita ma non sarebbe il punto di questo articolo. Qui vogliamo ricordare come, in base a ciò che mi è utile rispetto alla situazione che sto vivendo, rispetto all’obiettivo, al percorso e alla richiesta o bisogno, posso sapere quando rivolgermi all’uno piuttosto che all’altro.
Esempio pratico: cado dal motorino e mi rompo una gamba. Sono consapevole che Dio, il creatore del corpo e della materia, potrebbe risolvere tutto in un soffio (lo so, i miracoli li sa fare, ne sono certa!), eppure, pur non esimendomi dal parlare con Lui del tipo “Cavoli, Signore, mi sono spezzata, mi fa un male pazzesco, aiutami a resistere, chiediamo aiuto…fa che mi prestino soccorso al meglio…ho paura…” non sto lì ad aspettarmi che la gamba si ricongiunga da sola ma chiamo il 118. Vado dal medico se ho la febbre da tre giorni, non accendo un cero a Lourdes (potrei pure, per carità, ma di norma la gente prende un antipiretico). Così come se ho mal di denti mi rivolgo al dentista (e in questi casi pure una bella preghiera a Santa Apollonia non fa mai male!). Il punto è questo: lo psicologo è il professionista che si prende cura di un aspetto della realtà e dell’uomo: è uno strumento che si prende cura di una parte del creato, secondo quanto compete alla sua vocazione e professione così come fa il medico nella sua parte, il dentista, l’operaio, l’insegnante, l’architetto, il barbiere… ciascuno è (o può scegliere di essere) l’agire di Dio che si prende cura delle sue creature attraverso l’altro.
Mi piace ricordare che la direzione spirituale non si deve pensare sia appannaggio di pochi eletti ma, come affermano più santi, un diritto di ogni cristiano: per nascita (oserei dire per esistenza), siamo invitati a conoscere e amare Dio, come affermava Ignazio di Loyola, siamo invitati a relazionarci con Lui, a riconoscerci figli, a godere della pienezza della relazione con Lui. Invitati, non costretti! Ecco perché chiunque voglia crescere e approfondire la Sua Paternità e la propria condizione di figlio, deve poter avere gli strumenti necessari. Ecco che il direttore spirituale si presenta come una guida, un accompagnatore, che in quanto uomo (o una donna) di Dio che ha approfondito la sua relazione col Padre e in questo sta camminando, può orientare e aiutarmi a condurre e far convergere la mia vita in Cristo, a riconoscere e distinguere le ispirazioni dalle suggestioni, a comprendere e realizzare la mia vocazione e la mia missione per una vita piena.
Perché mai dovrei fare tutta questa faticaccia? Il primo motivo lo abbiamo citato poco fa: non siamo orfani alla deriva, ma abbiamo dignità e regalità di figli amati; “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”, esorta San Paolo! L’altro motivo è che ok, posso scegliere di vivere una vita da cristiano-normale, basic; ma devo essere consapevole che sarebbe come un aspirante musicista che decide di fare solfeggio tutta la vita o un atleta che sogna le Olimpiadi ma continua a farsi la sua bella corsetta di venti minuti sotto casa. È un po’ come andare a comprare i vestiti all’ingrosso: mi stanno sicuro bene, assolvono la loro funzione, mi coprono, mi riscaldano, mi fanno cool o chic. Ma vuoi mettere vestire di abiti cuciti esattamente addosso a te da un sarto che ti fa vestire a pennello? Così come ogni cosa, chi si prende cura di te e ha uno sguardo particolare su di te, sì tu proprio tu, ti può far crescere e risplendere diversamente, come il tramite dello sguardo paterno di Dio. Tu quanto vuoi diventare santo, cioè quanto ti vuoi addentrare nella profondità del cuore di Dio? Sei disposto a cominciare il cammino?
Ilaria Di Giulio
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