La libertà. Un concetto tanto profondo da non poter essere definito in modo assoluto. Vi siete mai chiesti cosa sia la libertà? Non vado alla ricerca di una risposta piatta o impersonale, di quelle talmente inflazionate da non essere più vere. Vi domando davvero cosa sia per voi. La libertà è la possibilità di scegliere cosa fare o non fare, dire o non dire, sempre, a prescindere dall’influenza del mondo esterno. Su questo credo che concordiamo tutti. Eppure l’uomo a lungo si è interrogato sui vantaggi di questa forma di libertà arrivando addirittura a sostenere che non è libero di natura proprio perché è imprigionato dalle catene della scelta: è schiavo della libertà. Ma non si può scegliere di non scegliere, altrimenti non saremmo vivi.
Ora immaginiamo di essere delle persone influenti nella società, con un ruolo di rilievo nella politica e con una grande fama che ci porta sempre più in alto, ben voluti da tutti e omaggiati con grandi onori. Potremmo dirci appagati in quanto non ci manca nulla. Eppure anche in questo caso, prima o poi, emerge il desiderio di libertà, di scegliere liberamente senza tener conto del pensiero altrui. Come accadde a Thomas Becket. Ci troviamo nell’Inghilterra del XII secolo e Becket era un astro nascente della politica europea, divenendo subito l’uomo di fiducia del re Enrico II che lo nominò Cancelliere, per intenderci la seconda carica dello Stato dopo il monarca. Oltre la Manica si verificavano continui scontri tra la Chiesa e la corona che voleva combatterne i privilegi, ritenuti eccessivi. Becket sostenne Enrico II in questa sua campagna e, nel 1162, venne designato dallo stesso re arcivescovo di Canterbury, sperando di minare alle fondamenta della Chiesa dall’interno attraverso l’operato dell’amico. Eppure le cose non andarono così. Thomas comprese di essere ad un bivio della propria vita: continuare a servire fedelmente Enrico a costo di disonorare il ruolo di vescovo o dare un senso alla sua nuova missione, rischiando tutto pur di restare libero. Evidentemente questa seconda ipotesi prese il sopravvento, giustificata dal fatto che Becket adesso volesse mettersi al servizio della Chiesa, osteggiando talmente Enrico da dover fuggire in esilio per sei anni in Francia. Nel frattempo il quadro politico in Inghilterra era cambiato. Morto il re, il successore Enrico il Giovane fu investito e consacrato dal vescovo di York e non, com’era consuetudine, da quello di Canterbury, Becket per l’appunto. Papa Alessandro III cercò di fungere da mediatore tra le parti invitando l’ex Cancelliere a tornare in patria ma l’assoluta fermezza di Thomas sulle sue posizioni ne decretò la fine: alcuni baroni filomonarchici intimarono al vescovo di chiedere perdono al re e, dopo il suo rifiuto, non esitarono ad assassinarlo nella cattedrale a sangue freddo.
Il finale apparentemente tragico della storia del vescovo di Canterbury, futuro san Tommaso Becket, in realtà ci offre l’occasione per tornare al nostro punto di partenza: cos’è la libertà? Il nostro Thomas aveva tra le mani la possibilità di scegliere la via più semplice, sottomettendosi al re e compiendo tutto ciò che gli veniva ordinato. Poteva continuare a vivere tra gli onori, in pace e prosperità. Poteva restare in silenzio. Invece decide di scegliere, d’applicare la sua libertà di scelta andando contro i propri vantaggi a favore della sua coscienza. Il filosofo danese Kierkegaard parlava della “vertigine della libertà” sostenendo che questa responsabilità possa essere vissuta in due modi: o con l’angoscia di pensare a cosa scegliere temendo di sbagliare o con il coraggio di valutare e muoversi in una direzione con convinzione. Con la decisione forgiamo la nostra personalità al punto che «la scelta fa uomo l’uomo!». Scegliendo, prendiamo consapevolezza di noi stessi. Thomas Becket c’insegna che la libertà interiore sia il bene più prezioso che abbiamo. Se applichiamo la libertà nella nostra vita, non limitiamo quella altrui, anzi. Daremo un messaggio di speranza a quanti vivono in “catene” e preferiscono restare a guardare anziché superare la “vertigine” e prendere il volo!
Emanuele Di Nardo
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